LA VAL SUSA PIANGE IL MAESTRO GIGI LOMBARDO: GRANDE EDUCATORE, FU “IL PADRE” DEI VOLONTARI ALLA SACRA DI SAN MICHELE

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imageimagedi JACOPO SUPPO

Ci siamo visti l’ultima volta a inizio maggio, io e il maestro Gigi.
Io indaffaratissimo tra elezioni e matrimonio, lui alle prese con la sua salute sempre più ballerina.
Ammetto che fu un incontro difficile. Ero abituato a vederlo sempre in movimento, tra la sua passione per la Sacra, le tante ricerche storiche e le sue montagne. Vederlo su una sedia a rotelle, con lo sguardo malinconico, mi colpì molto.

L’altro ieri, quando ho saputo della sua scomparsa, il cuore mi si è appesantito e mi è venuto spontaneo scrivere due righe su Facebook. Non potete immaginare quanti commenti, quanti messaggi privati e mail. “Ma Gigi barba?”, “Ma il nostro maestro? No dai…”, “Ma è mancato Gigi Lombardo?”. Un velo di tristezza che da Condove è salito su fino in cima al Pirchiriano per poi scendere a Vaie (dove ha vissuto una vita) e a Sant’Antonino (dove ha dato una grande mano al gruppo scout per moltissimi anni).

Sono queste reazioni che ti fanno capire quanto una persona ha saputo dare alle comunità in cui ha vissuto.
Tanti ricordi, tanti aneddoti, tante situazioni che in molti han voluto condividere. Vuoi per mandar via la tristezza, vuoi per rendere omaggio ad una persona modesta, intelligentissima, di una umanità sconfinata.
Gigi Lombardo è stato tantssime cose. Io l’ho conosciuto e gli ho voluto bene come maestro. Per tutti gli anni delle elementari le ore di storia, di geografia, di educazione civica e di ginnastica erano il nostro punto d’incontro. La semplicità con cui spiegava le cose, la sua voce calma (ma guai a farlo arrabbiare…), i suoi mille esempi cosi vicini al nostro mondo piccolo di bambini, rendevano tutto bello e incredibile.

Ma prima del suo essere maestro, era proprio lui a lasciarti incantato. Con la barba lunga e curata, l’odore di pipa che lo seguiva ovunque, la uno verdone stracarica di libri e letteralmente sommersa di fiammiferi usati.
Uno spirito libero.

La mia passione per la Storia è nata con lui, ne son sicuro. Ricordo ancora quando andai alla Sacra per accompagnare degli amici e lo incontrai all’ingresso. Quando gli dissi che mi ero iscritto a Storia sorrise con le labbra ma soprattutto con gli occhi. Ci prese tutti e quattro e ci fece fare il più dettagliato tour della Sacra che io abbia mai fatto. Era felice, si vedeva.
E devo anche dire grazie al maestro Gigi se per tredici anni sono stato uno scout. Io d’estate andavo spesso a Celle, sopra Caprie, a trovare i miei nonni che trascorrevano le vacanze lassù. Nell’estate del 1990 il branco del Sant’Antonino era proprio a Celle per il suo campo. Gigi era con loro, faceva il cuoco, e una sera andai a trovarlo con mia mamma. Rimasi affascinato da tutti quei bambini che correvano, giocavano, si divertivano come matti. “Se ti piace a settembre inizia anche tu no?” Mi disse lui, con quel suo modo sempre diretto. Lo presi in parola, per quel settembre e per tutti quelli che vennero dopo fino al 2003.

Tra le tante cose che sto leggendo in queste ore, ci tengo a condividerne due.
La prima l’ha scritta una ex capa scout del Sant’Antonino: “Al terzo o quarto giorno di campo c’era sempre quel lupetto che andava in crisi di nostalgia. Ce ne accorgevamo durante la cena. Ritirando i piatti, non aveva toccato cibo. Allora lo prendevi da parte e lo portavi in cucina con te. Fianco a fianco seduti su un gradino, senza dire niente, tu fumavi la pipa”. Mi sembra di vederlo, in silenzio, con il lupetto di turno a fianco, testa bassa e lacrimoni, che ad un certo punto, così, dal nulla, si alza, ride e torna a giocare con gli altri…forse con in tasca un pezzetto di cioccolato.

La seconda l’ha scritta uno dei miei più grandi amici, Luca, facendomi tornare in mente una lezione di ginnastica in seconda elementare. Un nostro compagno non stava giocando bene, probabilmente rompeva le scatole a qualcuno. Il maestro fermò tutto, corse da questo mio compagno e gli disse: “Ricordati che la libertà di un uomo finisce dove inizia la libertà di un altro uomo.” E’ possibile che noi, bambini di 7 anni, non capimmo quella frase, ma se ce la ricordiamo ancora adesso vuol dire che non è passata via senza lasciare traccia. Anzi, credo sia stato un grande insegnamento per tutti noi.

Ciao maestro, che la terra ti sia lieve.

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