ALMESE PIANGE L’ALLEVATORE ROBERTO RAIMONDO, “IL CONCERTISTA DEI RUDUN”

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di MARIO RAIMONDO

ALMESE – Arriva un giorno in cui anche le querce vacillano… per anni ed anni sono li, dandoti l’illusione che primavera dopo primavera porteranno nuovi germogli, nuove foglie, la piacevole ombra che ti ristora e ti assicura sul sentiero della vita. Poi arriva una primavera dove non ci saranno più foglie, non ci saranno più germogli, ma solo rami nudi nella solitudine dell’inverno, nella tristezza del cuore, nell’eternità dell’assenza…

Leandro Raimondo – per tutti Roberto – ci ha improvvisamente lasciati , andando via in punta di piedi per non disturbare com’era nel suo stile di agricoltore, di pastore, di amante della madre terra.

Mio cugino, come diciamo noi, “alla lunga” era originario di Rubiana, nelle borgate Ferro–Martinasso–Raimondo dove 300 anni fa giunse, probabilmente dalla Sicilia un tal Raimondo (forse un soldato, forse un bracciante, “servo della gleba” post-litteram o qualcosa del genere) che avrebbe dato origine alla famiglia in Valmessa.

Li ricordo bene i cugini Raimondo (Aldo, mio padre Alfredo, Rinaldo e Roberto) a metà degli Anni Sessanta la n’tla curt d’Roc, in Via Roma nei giorni della trebbiatura del grano. Era un rito che durava dall’alba al tramonto ed erano tutti obbligati a cooperare per via dello spazio che occupava la trebbiatrice: i preziosi sacchi di grano, oltre che merce da vendere, sarebbero diventati la farina per il pane della nostra infanzia cotto nelle panetterie di Guido Martinasso e di Giuseppe ed Onorato Giacone. Quando Roberto lasciò la casa di via Roma mise in piedi una vera azienda agricola, che avrebbe trovato in via Circonvallazione la sede definitiva. Agricoltore ed allevatore praticava la transumanza dalla pianura all’alpe con le sue mucche, con il concerto dei rudun.

Quel suono segnava l’inizio delle stagioni e quando riportava le bestie alla stalla tutti sapevano che l’autunno aveva bussato alla porta… Un grande lavoro durato tutta una vita, una grande passione coltivata per tutta la vita, fino all’altra sera. “Papà – dice il figlio Marino – ha voluto a tutti i costi, nonostante fosse stanco, che andassimo con la famiglia riunita a mangiare una pizza. Ha insistito davvero…non so perché…forse era un presagio”. Forse non ve lo ha detto, forse non voleva spaventarvi, non voleva vedere i vostri occhi pieni di lacrime. Doveva prendere la sua bisaccia, il suo bastone, doveva mettere i rudun alle sue mucche per incamminarsi sul sentiero che porta ai pascoli del Cielo.

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