CONTRO UNA VISIONE “TALEBANA” DELLA VALLE: A SUSA NON SERVE LA STAZIONE INTERNAZIONALE, CI VUOLE LA METROPOLITANA

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di ROBERTO SERRA

Come al solito pensare, valutare, proporre son verbi che non fanno parte del lessico nell’italico modo di ragionare, tantomeno se applicato al territorio della Val di Susa.
Da una parte una visione talebana nichilista verso “l’oggetto del discutere”, dall’altra parte amministratori con una interpretazione riduttiva finalizzata alla piccola realizzazione locale “banalmente banale” (orti di sopravvivenza, rotonde stradali, manutenzioni di edifici pubblici ecc..).

Anche i privati non fanno molto meglio, proponendo richieste che il solo pensarle in questo particolare momento economico nazionale sono veramente una pia illusione Per la zona franca magari a Susa occorreva pensarci anni fa. Oggi quante sono o sarebbero in Italia le località che ambirebbero o avrebbero più diritto della Valle a questo status? Territori terremotati, territori alluvionati, aree e regioni veramente depresse, isole… In questa sagra di pochezza paesana di idee ci manca solo più il Casinò, fortunatamente non è più di moda soppiantato dai dilaganti gratta e vinci.!
Non un afflato, non una ispirazione che unisca e coinvolga veramente tutti in un progetto di rilancio grandioso di questa tanto bistrattata Valle, ma anche per l’opposto fortunata.

Un progetto per cui tutti concretamente s’impegnino, uno Stato che proponga (non solo prometta) un piano di finanziamento compensativo, una Regione, una Provincia (esiste ancora?) i Comuni (senza cadere nelle solite beghe locali da pollaio) capaci di realizzare un piano condiviso di sviluppo di area vasta.
In questo caso ben rientra la richiesta della deroga al patto di stabilità e all’emanazione di procedure snelle nell’approvazioni a varianti di PRGC. Ad esempio.
Non parliamo poi di progetti europei particolarmente mirati al settore turistico, ma chi se li fila o ci pensa?
L’alta Valle non ha perso l’occasione usufruendo della legge che ha deciso la chiusura delle Comunità montane di dividersi in tre raggruppamenti.
Personalmente non ho ancora capito cosa offra di diverso turisticamente Bardonecchia da Sestriere.
Qualcuno forse ha già dimenticato uno dei motivi fondamentali che ci furono assegnate le Olimpiadi: “l’omogeneità del territorio”!

La Città di Susa ha veramente compreso quali opportunità di radicale trasformazione urbanistica del suo territorio e quali prospettive di vero sviluppo offre questa irripetibile occasione? Immaginare che realizzare una stazione ferroviaria possa risolvere i problemi ha dell’incredibile, dimenticando che una metropolitana leggera di superficie (del tipo giapponese per capirci) di collegamento con Torino darebbe ben altre opportunità e vantaggi.

In questo puzzle confuso e complicato ovviamente la politica opportunista di… corto raggio ci va a nozze: “divide et impera” è quanto mai azzeccato in questo caso. Un po’ di vetrina, un po’ di demagogia non fa mai male e paga in termini d’immagine, ovviamente con il risultato di poter dire di tutto e il contrario di tutto.
In questo “baillamme” non sono da meno gl’imprenditori privati, i quali invece di produrre proposte coerenti e articolate si limitano a cavalcare la drammatica situazione economica industriale – indubbiamente vera e reale – senza per contro supportarla con proposte concrete e ricevibili.

Cosa ci si dovrebbe aspettare da imprenditori illuminati e concreti?
Semplicemente proposte progettuali sostenute da piani d’investimento da parte loro legate a garanzie di temporanee agevolazioni, ad esempio sgravi fiscali, ma soprattutto costi ridotti dell’energia, paragonabili a quelli francesi.
Tenendo conto che la Valle è costellata di impianti idroelettrici per i quali sarebbe ampiamente autosufficiente e attraversata da cavidotti transfrontalieri, senza per questa trarne alcun vantaggio diretto..
Ci sarebbero tutti i presupposti per una start up tale da riuscire a trasformare la Valle, affinché questa occasione posta dalla Nuova Linea Torino Lione da oggetto di contestazione e divisione sociale possa diventare un beneficio generalizzato sul territorio e dia avvio a un modello di sviluppo durevole proiettato verso il futuro forse anche da replicare in altri territori.

Fantasia, sogno, non credo, semplicemente buon senso, continuiamo invece a scannarci, senza concludere nulla, senza renderci conto che il tempo passa e che se qualcuno un giorno o l’altro e, non saremo noi, deciderà di realizzare o fermare la TAV non ci chiederà certamente il permesso e a noi non resterà da buoni ultras di continuarne a parlarne in piola o a urlare in curva “viva Juve” e “viva Toro”, scusate mi sono confuso: “viva la TAV e/o abbasso la TAV”, per il resto ci saranno i Cairo e i John Elkann a pensarci.

Di una cosa non ci priveranno e sarà la fatidica frase “mi la via dilu” (io l’avevo detto), purtroppo non sarà una grande soddisfazione
La conclusione anche se ho cercato di addolcirla, non è certamente piacevole.
Mi domando anzi domandiamoci è quello che in questo momento ci rimane da dire e da fare?!? Spero proprio di no.

Roberto Serra

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