SCANDALO CMC, NESSUN BLOCCO AL CANTIERE DELLA TAV DI CHIOMONTE

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Nonostante lo scandalo che ha investito la potente cooperativa Cmc, nessun blocco del cantiere Tav della Maddalena, almeno per ora. Le forze dell’ordine fanno sapere che ad oggi, riguardo il cantiere della Torino Lione, non è stato emesso alcun provvedimento di stop ai lavori da parte dei pm di Trani, a seguito dell’inchiesta sui presunti illeciti fatti dalla cooperativa Cmc di Ravenna.
Ma anche nel caso in cui la procura decidesse di intervenire nei confronti della ditta, cambierebbe poco nella sostanza, visto che non è un cantiere suo al 100%: attualmente ci sono altre aziende che stanno operando alla Maddalena per il tunnel esplorativo, oltre alla Cmc. E continueranno a farlo anche se la cooperativa venisse interdetta pure a Chiomonte.
Lavori a parte, quanto è emerso dalle indagini in Puglia non fa sicuramente buona pubblicità alla potente cooperativa che ha ottenuto di lavorare per la Torino Lione. I reati contestati sono gravissimi: truffa ai danni dello Stato e danno ambientale. Tutto questo fornisce un ulteriore elemento di critica da parte dei No Tav, per quanto riguarda la selezione delle ditte interessate ai lavori per la grande opera.

Ecco quanto riporta il giornale on line www.molfettalive.it

E’ stata definitivamente bloccata l’attività della Cmc di Ravenna. Dopo un’udienza di oltre due ore, il gip del Tribunale di Trani si è riservato la decisione sulla disposizione dell’interdizione totale dell’attività imprenditoriale. L’accusa si è riportata integralmente all’ordinanza relativa alle misure restrittive applicate il 7 ottobre in seguito alle verifiche di guardia di finanza e Corpo forestale dello Stato.

Dovrà attendere ancora la cooperativa ravennate coinvolta nell’inchiesta sul “porto fantasma” di Molfetta, conclusa a inizio ottobre con due ordinanze di custodia cautelare e 62 indagati. Tra questi il Sindaco uscente Antonio Azzollini e l’ex Dirigente Ing. Enzo Balducci.

Dunque, si allungherà la lista delle opere incompiute sparse per tutta l’Italia? Resterà per molti anni una ennesima cattedrale nel deserto?

L’accusa, intanto, ha sottolineato che Giorgio Calderoni della Cmc, già tornato in libertà dopo un brevissimo periodo ai domiciliari, non agiva nel proprio interesse e quindi la Cmc è coinvolta direttamente nel caso.

Diversa la tesi della difesa. Gli avvocati Filippo Sgubbi di Bologna ed Ermanno Cicognani di Ravenna difendono la cooperativa. Gli stessi stanno sottolineando che Calderoni si rapportava non alla cooperativa ravennate ma alla società operativa Molfetta Newport che ha sede a Ravenna, per la quale è stata chiesta la stessa misura interdittiva.

Nell’ordinanza del giudice di Trani viene presa in considerazione la pesante ipotesi di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato. Al centro dell’inchiesta i lavori appaltati a un gruppo di imprese capitanate da Cmc per costruire il nuovo porto commerciale di Molfetta, irrealizzabile secondo gli inquirenti a causa della presenza di ordigni bellici nel fondale.

Sulla possibile chiusura dei cantieri è intervenuto anche il Movimento 5 stelle, accusando anche il PD di tenere “un comportamento quasi omertoso su un tema che tocca gli amici”. I grillini assicurano agli operai “la disponibilità in ogni sede, da Ravenna a Roma, per appoggiarli in qualsiasi iniziativa volessero intraprendere”.

Sarà il gip a dare la risposta tra le due istanze. In attesa delle decisioni, sono a pezzi gli operai che fino ad oggi avevano trovato lavoro nel cantiere molfettese. nei giorni scorsi, si sono registrati momenti anche molto tesi e delicati in cui questi lavoratori non sono riusciti a trattenere la loro ira nei confronti dell’attuale Amministrazione Comunale e del Tribunale di Trani. Gli interrogativi che si pongono sono: “come saremo tutelati? Che fine sarà di noi? Come sopravviveremo?”

– Truffa ai danni dello Stato e reati ambientali: sono questi i reati contestati ad un funzionario pubblico ed un rappresentante di una società di costruzioni. Le indagini, in cui sono coinvolti altri 60 indagati, hanno portato al sequestro dell’area destinata al nuovo porto commerciale di Molfetta, per il quale sono stati stanziati finanziamenti pubblici per un valore di circa 150 milioni di euro. Militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari ed appartenenti al Comando Provinciale del Corpo Forestale dello Stato di Bari, Ravenna e Reparti dipendenti, stanno eseguendo dalle prime ore di questa mattina due ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari emesse dal Gip del Tribunale di Trani, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di un funzionario pubblico e di un rappresentante di una società di costruzioni entrambi responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e reati ambientali.Tra gli indagati anche ex amministratori comunali di Molfetta, tra i quali il senatore del Pdl Antonio Azzollini. I due arrestati sono l’ex dirigente comunale ai lavori pubblici del Comune di Molfetta, Vincenzo Balducci, e il procuratore speciale della Cmc di Ravenna (azienda che si e’ aggiudicata l’appalto) e direttore del cantiere, Giorgio Calderoni.In sostanza – secondo le indagini – le precedenti amministrazioni comunali hanno compiuto un’operazione di maquillage dei conti pubblici proprio grazie all’ingente fiume di danaro pubblico destinato alla costruzione del porto. Le somme destinate all’infrastruttura marittima sono state anche impiegate per pagare i fornitori, dare incentivi al personale e pagare le spese correnti.Tra i vari falsi contestati agli indagati, vi e’ anche la falsa rendicontazione al ministero dell’Interno (del 2011) sull’ammontare complessivo dei finanziamenti ottenuti (quasi 80 milioni di euro): in questo modo – secondo i pm – si riusci’ illecitamente a spuntare l’erogazione di altri 3,5 milioni. Contestata anche la frode in pubbliche forniture per la realizzazione via mare del ‘Molo Sperone’. La ditta incaricata dei lavori avrebbe fornito, anziche’ i piu’ costosi massi naturali del peso singolo da 300 a 1.000 chili (massi da scogliera di prima categoria) e massi naturali del peso unitario da 3 a 7 tonnellate ciascuno (di terza categoria), semplice materiale inerte e della semplice terra derivante da attivita’ di scavo.Inoltre, diversamente da quanto attestato dai progettisti, l’area di espansione del nuovo porto commerciale ricadeva nella perimetrazione del Sito di interesse comunitario ‘Posidioneto San Vito-Barletta’, tutelato per la presenza della Posidonia. Le indagini hanno anche accertato che i materiali di risulta del dragaggio (compresi numerosi ordigni bellici e fusti contenenti cianuro, iprite, cloro solfonico, fosforo e disfogene) non sono mai stati smaltiti in maniera regolare ma riversati in una colmata con conseguente pericolo per la salute umana e per la sicurezza di quanti hanno lavorato nel cantiere.

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