IL TAR DÀ RAGIONE AL COMUNE DI VENAUS: LA NUOVA SCUOLA POTRÀ AVERE LA CALDAIA INQUINANTE “PER RAGIONI ECONOMICHE”

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Nelle foto pubblicate su Facebook dal consigliere regionale Umberto D’Ottavio, la posa della prima pietra della scuola di Venaus, nell’ottobre 2017

di FABIO TANZILLI

VENAUS – Per risparmiare soldi i Comuni possono ancora costruire scuole ed edifici con impianti energetici inquinanti. Proprio come sta accadendo a Venaus, dove la nuova scuola primaria avrà una centrale di riscaldamento in Gpl (gas di petrolio liquefatto), un combustibile fossile non rinnovabile.

Lo ha stabilito il Tar del Piemonte con una sentenza del 7 febbraio, dando ragione al Comune, a proposito del nuovo edificio scolastico che si sta costruendo in paese. I giudici amministrativi hanno respinto il ricorso presentato da una delle imprese che aveva perso la gara d’appalto. La ditta sosteneva che il Comune avesse violato, prima nella progettazione e poi nell’assegnazione dell’appalto, la normativa nazionale ed europea in merito all’obbligo di utilizzo di fonti di energia rinnovabili.

A seguito del decreto legislativo 28/2011, infatti, tutti gli edifici di nuova costruzione, sia pubblici che privati, devono avere questi requisiti e utilizzare gli impianti a energia rinnovabile, almeno parzialmente (minimo il 35% per il riscaldamento).

La legge segue la direttiva europea 2009/28 e introduce l’obbligo di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili per tutte le nuove costruzioni, con il duplice scopo di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e di contenere le emissioni inquinanti in atmosfera.

Eppure il Comune ha dato l’appalto a una società che riscalderà la scuola con una caldaia a Gpl. Al contrario, la ditta seconda in classifica aveva previsto, nel rispetto della normativa vigente in materia di fonti rinnovabili, una pompa di calore ed un impianto fotovoltaico.

Nella sentenza il Tar ha chiarito che si può evitare l’utilizzo delle fonti rinnovabili per motivi “tecnici” ed economici, proprio come nel caso del Comune valsusino, “in particolare per le condizioni climatiche di Venaus e all’insostenibilità economica della soluzione da fonti rinnovabili, in rapporto ai limiti di spesa del progetto esecutivo”.

Secondo i giudici, ci sarebbero stati degli ostacoli per dotare la scuola di un impianto di riscaldamento a energia pulita con pompe di calore, “anche in ordine alle ragioni di ordine economico, in una valutazione complessiva dei costi e dei relativi benefici”.

“Appare invece del tutto ragionevole e conforme a regole di buona amministrazione – scrivono i giudici – valutare soluzioni progettuali non in astratto, ma in rapporto ai limiti di spesa connessi all’intervento, in questo caso dipendenti interamente da fonti di finanziamento esterne all’amministrazione. Dovendo parametrare la soluzione progettuale alle disponibilità di bilancio, l’amministrazione ha adottato una soluzione cautelativa e prudenziale, consistente nel mettere a gara l’unica soluzione tecnica ritenuta compatibile con i limiti di spesa dell’intervento”.

La sentenza del Tar potrà quindi “fare giurisprudenza” su questo tema, visto che da sempre i costi di impianti a energia rinnovabili hanno un costo di realizzazione maggiore rispetto a quelli inquinanti. “Si tratta di una interpretazione delle legge che può avere potenzialmente effetti a cascata enormi – spiega Giorgio Marcon, consulente della ditta che ha perso il ricorso contro il Comune – in quanto consente alle pubbliche amministrazioni, ma di riflesso anche ai soggetti privati gravati da obblighi pure inferiori rispetto agli Enti Pubblici, di applicare in modo discrezionale una legge fondamentale in materia di risparmio ed efficienza energetica, introducendo l’entità della spesa quale elemento da prendere in considerazione per l’eventuale disapplicazione della legge”.

Ci sono anche altri aspetti da non sottovalutare: “Il progetto risultato vincitore comporterà, da stime correnti, un costo energetico annuo di circa 20.000 € – afferma Marcon – mentre con le fonti rinnovabili il costo annuo del riscaldamento sarebbe stato di circa 2000 €. Una differenza degli oneri gestionali che l’Amministrazione comunale dovrà sobbarcarsi per l’intera vita utile della scuola”.

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6 COMMENTI

  1. Finalmente.
    Sempre all’avanguardia, era quasi scontato che toccasse a Nilo sfatare il mantra del fotovoltaico a tutti i costi nella progettazione e nella realizzazione di opere pubbliche.
    Al di là delle considerazioni del tecnico della ditta perdente, ricordiamoci che la scuola “inquinante” sarà riscaldata come milioni di altri edifici in Italia e in Europa, non rilascerà polveri sottili, avrà emissioni nocive inferiori a quelle della nostra Panda Fca e che il rapporto di 1/10 nella comparazione dell’efficienza economica dei due sistemi e una balla colossale.

  2. Bravo Bruno… Per il sig Marcon che propone impianti di riscaldamento a 2000 euro di consumo annuo per una scuola come fa?? In una abitazione con fonti rinnovabili li superi quei soldi, che bacchetta magica ha il sig Marcon… Ci faccia sapere come secondo lei da 20000 euro che dice lei ad arrivare a 2000…

  3. Per risparmiare useranno anche l’ottima sabbia del Cenischia al posto del cemento e del ferro? O eviteranno di pagare le imprese?
    Magari era meglio pensarci dall’inizio e progettare un edificio con bassi costi di gestione invece di andare a fare i pidocchi per non rispettare le norme (tra l’altro sono ammesse deroghe per impossibilità tecniche…)

    • Forse è necessario avere competenze tecniche specifiche in ingegneria edile e in termo impiantistica prima di scrivere commenti banali

  4. Giusto. Se una tecnologia “rinnovabile” non è predisposta economicamente dagli enti che emettono moneta e emanano tasse, il sistema non cambia. Per esempio la macchina elettrica ma perchè costa così tanto? Evidentemente il sistema economico non è interessato all’ambiente.

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