CHIANOCCO, MALATO TERMINALE RIMANE CON IL LETTO ROTTO PER 10 GIORNI: “L’ASL NON LO SOSTITUIVA, CI SIAMO DOVUTI ARRANGIARE”

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Chianocco: Antonio ora è sul letto nuovo che è stato comprato dalla sua famiglia, dopo aver atteso inutilmente quello sostitutivo dell’Asl

di FABIO TANZILLI

CHIANOCCO – Antonio ha 67 anni ed è malato terminale: dal 2012, aiutato sempre dalla famiglia, sta combattendo con dignità, determinazione e coraggio la sua battaglia contro il tumore e il morbo di Parkinson. Vive a Chianocco con l’amata moglie Lorena: gli ultimi 5 anni li ha sempre passati nei letti d’ospedale ed è stato trasferito, a seconda delle necessità, nei vari presidi sanitari (a Susa, Rivoli, Candiolo e Torino).

Ha affrontato 6 operazioni e 28 trattamenti di chemioterapia. Immobilizzato e bloccato a letto, da luglio 2017 è stato riportato a casa per trascorrere gli ultimi mesi della sua vita accanto alla sua famiglia: Lorena e i figli Eros ed Erica con gli amati nipotini. Nonostante tutto questo, la famiglia ha ottenuto l’indennità di accompagnamento solo da settembre 2017, quando i medici gli hanno riscontrato anche il morbo di Parkinson.

La premessa era necessaria per far comprendere il senso di frustrazione, rabbia e delusione della famiglia di Antonio nei confronti dell’Asl e della sanità pubblica, per un ultimo episodio che hanno scelto di segnalare a ValsusaOggi: sono stati costretti ad acquistare, a loro spese, un letto ortopedico per sostituire quello dell’Asl, che si era rotto da 10 giorni.

“Abbiamo scelto di denunciare il problema perchè sappiamo che anche altre famiglie sono in questa situazione” dice la moglie di Antonio.

“Abbiamo aspettato inutilmente che l’Asl facesse arrivare un letto sostitutivo, ma i tempi erano inspiegabilmente lunghi. Mio padre non poteva stare in queste condizioni, non merita di passare l’ultimo periodo della sua vita così, senza poter neanche sollevare la schiena e alzare la testa. Allora ci siamo arrangiati, pagando di tasca nostra un letto…mio papà non può stare tranquillo neanche in questi ultimi giorni” dice affranto il figlio Eros.

Il letto ortopedico dell’Asl, che da luglio era stato fornito ad Antonio, si è rotto la sera del 14 gennaio. La manovella che consentiva di alzare lo schienale si è spaccata. Il figlio ha provato a ripararla subito mettendoci dei bulloni sostitutivi, ma continuava a cedere.

Il giorno dopo, il 15 gennaio, i famigliari di Antonio provano a chiamare l’ufficio protesica dell’Asl a Collegno per segnalare il problema: “Ma era sempre occupato e non riuscivamo a parlare con nessuno” dice la moglie Lorena. Finalmente il 16 gennaio la figlia Erica riesce a parlare telefonicamente con l’impiegata: le viene spiegato che per avere un letto nuovo devono compilare una domanda scritta, farla controfirmare da un medico e poi consegnarla al Cup di Condove, che la spedirà agli uffici di Collegno.

Cosa che avviene regolarmente: il 16 viene controfirmata la richiesta dal medico e consegnata al Cup di Condove, che il giorno dopo la invia a Collegno. “Dal Cup ci hanno detto che ci avrebbero richiamato al più presto, ma nessuno si è fatto sentire” spiegano i famigliari. Non avendo più notizie, i famigliari di Antonio richiamano il Cup di Condove e gli confermano che la richiesta è stata inviata all’ufficio protesica ed è pervenuta a Collegno venerdì 19 gennaio.

Intanto sono passati già alcuni giorni e Antonio continua a stare sempre sdraiato, senza poter alzare la testa e lo schienale: il figlio prova di nuovo a riparare la manovella, ma non regge, è spaccata. Lo tirano su con i cuscini, provano a mettere una base, ma il problema persiste e le condizioni non sono certamente ideali. Per farlo mangiare e poterlo assistere per altre esigenze non basta solo la moglie Lorena: “Lei e papà vivono da soli, ma in queste condizioni in casa dovevamo essere sempre in tre per l’assistenza – spiega Eros – io, mia sorella e mia mamma”.

Il letto dell’Asl non arriva e ormai sono passati quasi 10 giorni da quando si è rotto. Martedì 23 gennaio la famiglia di Antonio telefona per l’ennesima volta agli uffici di Collegno per avere notizie.

La risposta li lascia con l’amaro in bocca. “Ci va ancora qualche giorno – risponde al telefono l’impiegata Asl – il 19 era venerdì, la richiesta va ancora vista e valutata dal medico, e poi noi dobbiamo fare una richiesta alla ditta (che fornisce i letti ndR). Loro hanno dei tempi tecnici per procedere alla sostituzione”. L’impiegata aggiunge: “Alla fine di questa settimana, o all’inizio della prossima, possiamo eventualmente contattarvi”.

“Sì, ma mio padre è un malato terminale, non so se ha presente…” cerca di spiegare il figlio. “Sì, ho presente – replica gentilmente l’impiegata – purtroppo però io più che fare un sollecito, non posso far altro. La richiesta che avete mandato deve essere presa in carico, i medici non hanno solo una richiesta da visionare, ne hanno parecchie. E poi, per quanto in fretta si possa fare, gli 8-10 giorni di attesa ci vanno tutti”.

Il figlio di Antonio insiste, ma l’impiegata aggiunge un particolare: “Noi abbiamo venti giorni lavorativi di tempo per risolvere le pratiche, di conseguenza, anche le richieste urgenti come nel vostro caso, hanno dei tempi tecnici (…) non siamo un pronto soccorso. A Collegno la vostra richiesta è arrivata venerdì 19 gennaio, quindi sono passati due giorni lavorativi”.

“In realtà è quasi una settimana che aspettiamo il letto nuovo, si è rotto il 14 gennaio – replica il figlio Eros –  mio padre non può stare in queste condizioni, siamo costretti a prenderci un letto da soli e sopperire a un servizio che non ci viene dato,  a causa di questi lunghi tempi di attesa”.

Infatti lo stesso giorno, martedì 23 gennaio, la famiglia compra ad Antonio un letto ortopedico, spendendo circa 400 euro: “Abbiamo preso un modello base, altrimenti ne avremmo dovuti spendere quasi 700 – spiega la moglie – ma siamo delusi da questa disorganizzazione”.

Una vicenda che, considerata questa particolare situazione, lascia l’amaro in bocca.

Resta da capire come mai, pur essendo nel 2018, nell’Asl TO3 le richieste presentate da cittadini bisognosi ai Cup non vengano trasferite tra i vari uffici Asl in via telematica utilizzando delle semplici e-mail, e ci vogliano invece 2 giorni per far pervenire un documento urgente da Condove a Collegno, come in questo caso.

E poi, resta anche da capire come mai siano così lunghi questi famigerati “tempi tecnici”: il margine dei 20 giorni lavorativi di tempo per “risolvere la pratica” di un paziente (in questo caso far arrivare un letto ortopedico ad un malato da Collegno a Chianocco) è davvero vergognoso.

Il letto ortopedico rotto
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6 COMMENTI

  1. Non riusciamo a risolvere questi problemi che per il malato e la famiglia sono prioritari. Dall’ altra assistiamo al mantenimento senza contropartita di decine di migranti.. Qualcosa in questo Paese non funziona.

    • Per favore abbiate un po’ di umanità e smettetela con le chiacchiere da bar! I “clandestini” no perché non hanno la carta d’identità italiana e allora? Non sono uomini, donne e bambini come lo siete voi? Questa guerra tra ultimi dove l’umanità è persa è forse quello che qualcuno desidera per metterci tutti in ginocchio e decidere del nostro destino. Allora lottiamo perché le istituzioni funzionino PER TUTTI, per il sig. Antonio che ne ha pienamente diritto come per tutti gli altri che affollano il pronto soccorso di un ospedale qualsiasi e anche per il disperato che affronta il colle della Scala con le scarpe da tennis.

      • e no sig gallo, gli italiani pagano fior di tasse anche per sostenere il costo della sanita’ che a differenza degli italiani medesimi rende la stessa gratuita per gli immigrati si informi

  2. Se c’era da salvare un cagnolino in montagna chiamavano il 118 o i vigili del fuoco che con L’elicottero (130 euro al minuto) risolvevano tutto in un paio di ore, ma per un cazzo di letto bisogna aspettare settimane . Un malato terminale è antieconomico………….MERDE!

    • Tutti gli esseri viventi se sono in pericolo di vita vanno aiutati, italiani, migranti, e anche il cagnolino in montagna che per chi non ce l’ha non vale nulla, per chi ce l’ha è un membro a tutti gli effetti della famiglia e quando arriva il momento di separarsene fa stare male quasi quanto la morte di una persona cara. Qua non c’entrano i migranti, che sono povere persone in cerca di un po’ di pace e serenità e invece rischiano la morte al colle della Scala, nè il povero cagnolino che potrebbe eventualmente perdersi. C’entra un sistema malfunzionante e corrotto, lo stesso sistema che ha fatto sì che io stessa, oggi, prenotassi una visita a pagamento, perchè con la mutua l’avrei fatta il 24 maggio e sto aspettando da luglio scorso di capire cos’ho! Che razza di sistema è una mutua che se pago solo il ticket (e solo si fa per dire) mi fa fare la visita il 24 maggio, mentre se vado a pagamento mi trova il medico che lavora a pagamento nell’ospedale pubblico, e me lo trova in 3 giorni?? Purtroppo non ne possono niente neanche le impiegate che stanno agli sportelli, e contro cui gli utenti si sfogano; loro fanno quello che viene imposto da superiori ed amministratori… mi spiace molto per questa famiglia, è molto ingiusto quello che hanno dovuto subire, e nessuno al mondo dovrebbe essere trattato così, almeno davanti alla morte.

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