CORONAVIRUS / AVIGLIANA, MAURIZIO CE L’HA FATTA DOPO UN MESE IN OSPEDALE: “HO PENSATO DI MORIRE”

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di ANDREA MUSACCHIO

AVIGLIANA – “È stata un’odissea”. La nostra chiacchierata con Maurizio, uomo di 60 anni compiuti proprio ieri, sulla sua esperienza da malato di Covid-19, inizia così. Nonno Banzai (come lo chiamano tutti, ndR) ha voluto rendere pubblica la sua storia, con la speranza di dare forza alle persone che stanno lottando e, soprattutto, per sensibilizzare tutto l’ambiente.

Maurizio abita ad Avigliana e come lavoro distribuisce bevande in giro per la Valle. Dopo aver contratto il virus, Maurizio è stato ricoverato presso l’ospedale San Luigi di Orbassano. La sua odissea è durata quasi un mese. 30 giorni dove dice di aver pensato di tutto. Alla morte, ai suoi nipoti, alla sua compagna e ai suoi due figli.

Tutto parte dal 23 gennaio, quando a Maurizio gli hanno comunicato di avere la polmonite eosinofila cronica. Ricoverato al San Luigi di Orbassano, guarisce e viene dimesso il 4 febbraio.

Quella è stata la quarta polmonite nella mia vita – ci spiega Maurizio – Ormai al San Luigi mi conoscono e sanno come curarmi. Per me sono i numeri 1 per come curano i polmoni. Dopo essere stato in mutua, ho ripreso a vivere normalmente. Avendo le difese immunitarie basse giravo con guanti e mascherine. A dire la verità mi sentivo un alieno, in quanto ero l’unico a farlo“.

Poi arriva marzo, con i decreti del governo e l’obbligo di rimanere a casa. “Il 15 e il 16 marzo ho iniziato a non sentirmi bene – prosegue nel racconto Maurizio – mi mancava la saturazione dell’ossigeno. Ho subito pensato ad una polmonite, d’altronde i sintomi sono simili. Sbagliando, mi sono fatto accompagnare da mio figlio al pronto soccorso del San Luigi per fare un controllo. Era il 19 marzo. Il personale medico non mi ha fatto accomodare nel pronto soccorso, bensì dentro uno stanzino separato e mi hanno messo subito il casco C-Pap. Dalle analisi, infatti, hanno visto subito che mancava l’ossigeno. Poco dopo mi hanno fatto il tampone per il Coronavirus“.

Passano quasi 24 ore dall’arrivo in pronto soccorso all’esito del test. “Sono stato quasi due giorni senza mangiare. Volevano vedere se mantenevo l’ossigenazione. Fortunatamente ero costante, quindi hanno evitato di intubarmi. In realtà lo sapevamo tutti che ero positivo. Ancor prima dell’esito del tampone. Il medico lo aveva capito dalle prime radiografie. Il virus aveva attaccato i polmoni. In ogni caso mi confermano che si tratta di una polmonite interstiziale Covid-19. Ancora oggi non so dove l’abbia preso questo virus“.

Maurizio in quei giorni scopre che i sintomi da Coronavirus sono diversi. Non tutti reagiscono allo stesso modo: “Nel mio caso – continua – i sintomi erano quelli della polmonite. In tanti casi, i pazienti credevano di avere dei mattoni dentro ai polmoni. Le dico, io non ho avuto neanche la febbre. Solo un giorno mi è salita a 38. Però mi mancava l’ossigeno. Certo ero abituato dalle polmoniti precedenti. Però…“.

Nei 20 giorni di ricovero, grazie ai miglioramenti giornalieri, Maurizio cambia spesso reparto. Inizialmente viene curato 10 giorni nel reparto medicina d’urgenza con il C-Pap: “Il casco è la salvezza” afferma. Poi, viene spostato in Pneumologia: “Lì ho iniziato la cura per la tosse e avevo la maschera. Sono stato in Pneumologia 4-5 giorni. Bisognava eliminare questa tosse”. Terminata la polmonite, Maurizio viene spostato nel reparto di bassa intensità: “Al San Luigi ci sono 8-9 reparti dedicati al Covid-19. In bassa intensità, subito dopo esserci entrato, mi hanno fatto un tampone. Finalmente ero negativo. Sono rimasto lì dentro 2-3 giorni, poi mi hanno mandato a casa“.

È il 6 aprile quando Maurizio lascia il San Luigi per tornare a casa, nella sua Avigliana. Nel suo racconto, il valsusino si sofferma più volte sul dolore psicologico che ha provato in quei giorni. Sulla paura di morire. Una paura condizionata dalle notizie che giungono dall’Italia, in particolar modo dalla Lombardia. “Io sono stato ricoverato nel periodo più brutto. Dove morivano tantissime persone. Ho iniziato a pensare alla mia vita, a scrivere le mie memorie no? Pensavo di non uscire più da lì. Tutte le mattine contavo le persone che morivano in reparto. Mi dicevo ogni giorno: nei morti di domani, ci sarò anche io? Mi svegliavo e dicevo: oggi sono salvo. Io non ho mai vissuto una cosa del genere. Quando racconto questa esperienza mi vengono i brividi. Quando penso a tutte queste persone che sono morte. Agli anziani… il nostro passato“.

Oggi Maurizio sta bene. Prosegue la sua quarantena, da solo, in attesa di ricevere l’esito del secondo tampone, che certificherà la totale guarigione. Il desiderio di vedere i suoi famigliari è enorme. Maurizio ci confida che non vede l’ora di riabbracciare i suoi nipotini, che non vede dal 5 marzo, i suoi figli e la sua compagna. Nonostante questo, le paure non sono scomparse: “Non riesco a dormire – dice – Mi sveglio sempre alle 3 o alle 4 di mattina. Cerco di svagarmi. Di non pensare al virus, anche se è difficile. Guardo film, faccio videochiamate e cucino“.

Infine, Maurizio, nel ringraziare tutti i medici del San Luigi di Orbassano, che si sono presi cura di lui, lancia un appello: “Bisogna munirsi di guanti e mascherine. Dobbiamo proteggerci. Evitiamo gli assembramenti e restiamo a casa. Non potete capire cosa voglia dire vivere questo virus. Avere queste paure“.

Maurizio nella giornata di ieri, 19 aprile, ha compiuto 60 anni. Essere guarito dal virus è stato sicuramente il regalo più bello. Lo pensa e ce lo dice ridendo. In fin dei conti, la sua forza è anche questa. “Voglio godermi di più la vita – conclude Maurizio – Questo virus ha cambiato il mio modo di vedere le cose. Voglio essere un uomo migliore“.

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10 COMMENTI

  1. per prima cosa Buon compleanno!!! lo festeggiamo nello stesso giorno e nella stessa modalità!!!! soli soletti!!! non importa. auguri per tutto. Bell’articolo, mi piace come scrive il giornalista.

  2. Ottimo, è tornato tra di noi buona fortuna per i futuro, ❤️ Mia fa solo specie che voi residenti della valle di
    Susa blocchiate le nostre seconde case pagate con sacrificio ma quando avete bisogno di cure il Covid non vi ferma a occupare le rianimazioni torinesi forse dovremmo anche noi chiudere i confini ,dovreste

    accontentarvi dell Ospedale di Susa, qui pro quo buona vita

    • Secondo me dovresti farti furba, per aver fatto un intervento polemico e completamente fuori luogo. Sei lo stereotipo della persona che non ha capito nulla, peccato che per questo non ci siano cure…
      Ti spiego in altri termini: puoi avere la seconda, terza o quarantesima casa, non importa, ma se un decreto ti impone di non andarci, NON CI VAI, per il rispetto della salute reciproca! La tua lezione lassativa tienila per te, e non ti auguro buona vita (che già hai) ma capacità di capire (che non hai)

    • Cari torinesi statevene a CASA vostra… a noi basta il coronavirus che c’è in valle non abbiamo bisogno di aumentarlo con la vostra presenza….la casa se non la apre nel 2020, la apre poi nel 2021, vaccino permettendo… intanto non è proprio il caso di venire in valle a intasare le strade e alitare virus… ubbidite alle regole e ce la faremo, se no sarà la catastrofe… che razza di ragionamento è il suo? all’ospedale si va per forza maggiore e questo signore era già curato al S. Luigi, in ferie si va se si può…i suoi nonni probabilmente non sono mai andati in ferie come i miei, eppure vivevano lo stesso, noi ci sacrifichiamo magari un anno o due, ma per salvare la vita mi pare ne valga la pena…
      Augurissimi di buona vita al signore guarito…

      • Cari torinesi statevene a casa vostra che la casa che avete qui in Valle è come se non fosse più vostra, dimenticatevela.
        A noi basta che ci paghiate le tasse, perchè se no vi sequestriamo anche la casa che avete a Torino.

  3. Concordo perfettamente con Piero. Bentornato Maurizio, speriamo di diventare tutti delle persone migliori, più rispettose degli altri e meno egoiste…La salute non ha prezzo…

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