I GIOVANI DI VILLAR DORA AD AUSCHWITZ CON IL TRENO DELLA MEMORIA

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VILLAR DORA – Che cosa resta dentro l’anima dei ragazzi che con il Treno della Memoria ogni anno tornano sui sentieri della storia? Lo abbiamo chiesto a due dei quattro ragazzi di Villar Dora che quest’anno hanno partecipato a una lunga esperienza. Sì perché l’Amministrazione villardorese ha finanziato quasi 10 giorni di viaggio. “Abbiamo messo a disposizione cinque posti per i nostri ragazzi – spiega il Sindaco – con il viaggio più lungo, quello che passa anche da Berlino prima di arrivare ad Auschwitz, perché è da lì che inizia la storia”. A partire sono stati Elisa Ferragatta, Maria Novembre, Irene Porporato e Michele Pettigiani. I loro racconti sono profondi. “Vedere con i miei occhi ciò che avevo solo provato a immaginare – racconta Elisa Ferragatta, 18 anni – è stato drammatico. Inizialmente non sapevo cosa aspettarmi e quello che ho trovato è così surreale che giorno dopo giorno ti sale l’angoscia. Anche se certe cose le studi sui libri, non sono immaginabili in quella maniera disumana. A colpirmi è stato soprattutto il freddo. E io, a differenza di chi era rinchiuso là dentro, avevo maglioni e giacca. A casa mi porto la consapevolezza dell’orrore, dell’importanza di non dimenticare e dell’obbligo di non commettere più certi orrori”.
Le fa eco la compagna di viaggio Maria Novembre, 17 anni: “A colpirmi sono stati anche gli oggetti esposti. In particolare una teca con le scarpe dei bambini. Poi il corridoio con tutte le foto di quelli che sono morti là dentro. Per ridare loro una dignità, abbiamo lasciato le nostre impronte su una tela, scandendo al microfono, ognuno di noi, uno dei loro nomi, per non dimenticare le identità che sono state inghiottite nei campi di concentramento. Siamo una generazione che non resta indifferente e che sa guardare al futuro sapendo quello che occorre evitare”. Un’esperienza profonda per i ragazzi villardoresi di ritorno dal Treno della Memoria. “Una soddisfazione ascoltare e vedere giovani della nostra Villar Dora – conclude Moscia – così profondi e così belli. Il presente e il futuro del nostro paese, ma anche dell’Europa sono loro. Quel viaggio che hanno appena fatto non ti può lasciare indifferente. Io portai con me due cose. La foto di Zdenka Majer, una ragazza Ceca che mi colpì per lo sguardo e che morì nei campi nazisti e un sassolino a forma di cuore che trasformai nella pietra preziosa di un anello”.

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