LETTERA / IL RILANCIO DELLA VALSUSA E LA QUESTIONE TAV

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di DAVIDE AMERIO

Gentile Direttore, apprendo la notizia che una nuova luminosa iniziativa è stata promossa dall’Associazione “Restart Val Susa” in merito al rilancio della nostra valle. All’inaugurazione ha partecipato anche il Presidente della Regione Alberto Cirio, nonché il vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo. Naturalmente non poteva mancare un riferimento alla questione Tav e, in merito a quanto letto, porrei alcune questioni. 

L’intervento di Cirio ci ripropone le note litanie sull’importanza del turismo, sull’offerta di servizi d’eccellenza, sulle infrastrutture in fase di realizzazione, sul PNRR: quest’ultimo magico strumento offerto per risolvere tutti i problemi in ogni dove (ma i soldi? Il debito che genera? Chi paga dopo?). 

Immagino le folle di turisti disposte a venire in una valle, già tra le più infrastrutturate d’Italia, e nella quale l’intenzione dei proponenti Tav è quella di aprire tutta una serie di cantieri che peggioreranno la vita dei residenti, l’ambiente, la qualità dell’aria, il disagio nei trasporti. Bisognerebbe che certi politici, oltre a leggere le veline di partito, leggessero documenti ufficiali di istituzioni europee (visto che “Europa” è un termine del quale amano infarcire i loro discorsi); come, per esempio, la Relazione della Corte dei Conti Europea che, già da sola, certifica l’inutilità del Tav, i macroscopici errori di valutazione iniziale, e l’abnormità dei suoi costi. 

Senza contare che recenti venti dalla Francia non indicano nulla di buono in merito alla volontà d’oltralpe di realizzare l’opera. Solamente più i politici italiani continuano con pervicace ostinazione a parlare di Tav come panacea per risolvere tutti i mali del paese, spacciando per “compensazioni” ciò che di diritto spetterebbe ai territori e ai cittadini che pagano le tasse. 

Parlando di turismo, La Regione Piemonte non è ancora riuscita a riaprire la fortezza di Exilles dopo oltre quattro anni. Un bene turistico prezioso per la valle, per il quale sono stati impiegati molti soldi con la costruzione di un ascensore panoramico oggi inutilizzato. Quanto alla connessione tra città e montagna direi che due strade statali, un’autostrada, una ferrovia, sono condizioni più che sufficienti per avere collegamenti utili. 

Non è che la diatriba del Tav “ha attirato a sé e divorato le energie della valle” come ci racconta la promotrice Lucrezia Bono. Ciò che manca sono le idee politiche, una programmazione che rispetti il valore della montagna in quanto tale, e che non ripeta  a pappagallo il mantra del Tav, nel quale non credono più neanche parte dei proponenti, ma non vogliono ammettere di aver sbagliato (e che la ragione era già dalla parte dei “famigerati” NO Tav). Nulla è più ridicolo in questo momento storico, drammatico e triste, che tentare di riabilitare un progetto nato con il famoso corridoio 5, con il quale si volevano trasportare le mozzarelle da Kiev a Lisbona. E, nelle ultime ore, pare affondato anche il cantiere di San Didero, per il quale sono stati spesi soldi dei contribuenti per mantenere un ridicolo fortino delle forze di Polizia.  

Una politica intellettualmente onesta dovrebbe avere il coraggio di ammettere definitivamente i grossolani errori di valutazione, e di progettazione. Sorrido leggendo che fu “una riforma sbagliata, quella della cancellazione delle provincie“, ma chi l’ha promossa? Le stesse forze politiche che ora ci impartiscono lezioni sulla mancanza di coordinamento nei territori.  

Valga, infine, quanto dichiarò il compianto Presidente Ferdinando Imposimato, già magistrato esperto delle losche vicende italiane sull’Alta Velocità, a tutti i Valsusini: “state attenti perché con questa Tav faranno, della Valsusa, una nuova Salerno Reggio Calabria“.  

La ringrazio anticipatamente per la pubblicazione, un cordiale saluto.
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5 COMMENTI

  1. Si potrebbe anche consentire sul fatto che il cosiddetto “Tav” sia spesso evocato, gratuitamente o a sproposito, da parte di suoi sostenitori. Ma questo non giustifica lo sproloquio di Daverio allorché sostiene che solo i politici italiani credono nel progetto. Dimenticando che quando il governo Conte tentò di bloccarlo insorsero sia l’UE che la Francia. Che poi in quest’ultimo paese manchi “volontà di realizzare l’opera” significa ignorare che sul lato Francia eistono cinque cantieri attivi e che si sta procendo alla cantierizzazione di opere per tre miliardi, già assegnate. E che persino per la tratta nazionale da due anni è in corso un denso dibattito e che presto il comitato preposto segnalerà quale delle tre ipotesi progettuali presentate da SNCF sarà prescelta.
    Ridicolo il rinvio a non ben identificati “documenti ufficiali di istituzioni europee” che sosterrebbero la non utilità dell’opera. A cominciare dal report della Corte dei conti che esprime sì delle perplessità su procedure del passato ma che depreca il ritardo di realizzazione dell’opera, comportante danni gravi. Se poi l’UE ha deciso di incrementare il proprio cofinanziamento (dal 40 al 55%) non è di certo perché non crede nella necessità del nuovo collegamento. Cosa che può invece credere Amerio perché è lui a non aver letto i documenti che legittimano l’iniziativa. Per cui mi limito a rammentargli i fondamentali:
    – Commissione europea, libro bianco “Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile”, 2011;
    – Regolamento UE 1315/2013 (Ten-T);
    – Regolamento UE 1316/2013 (Cef)
    – European Parliament, “Update on Investiments in large Ten-T Projects”, 2014;
    – European Commission, “Mediterranean Network Corridor Study, Final report”, 2014.
    – European Commission, “Cost of non-completion of the TEN-T.Final Report”, 2015;
    – European Commission, “Mediterranean. Second Work Plan of the Europea Coordinator Laurens Jan Brinkhorst”, 2016;
    – European Commission, “CEF support to Mediterranean Corridor”, 2018;
    – Regolamento UE 913/2010 (trasporto merci e intermodalità);
    – Direttiva UE 275/2011 (interoperabilità e specifiche tecniche del sistema ferroviario comunitario)

  2. Musicologo o musicista, sicuramente autore di un articolo che sembra una sinfonia all’Europa più bolsa e lontana dai suoi cittadini.
    Composizione in chiave di “presto con fuoco” per esaltare una grande opera (ferroviaria) tutt’altro che “andante” in un contesto (trentennale) spesso “allegro non troppo”.
    Che si tratti di un ambizioso novello Inno alla Gioia in tempi in cui gioire non è propriamente alla portata di tutti?
    Inno così europeo che più europeo non si può, al punto di pagare i diritti d’autore agli eredi di Von Karajan per il suo arrangiamento non essendo stato possibile riconoscerli ai discendenti di Van Beethoven.
    Pagare, pagare, pagare, massima aspirazione dei vertici di un continente che non è un continente, di un’entità che non stato e neppure nazione, che, se vivesse ancora, Metternich definirebbe con ragione: espressione geografica.

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