LETTERA / IL TAV, I TORINESI E LA REALTÀ MONTANA

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di RICCARDO HUMBERT

L’idea che l’unico volano di sviluppo per Torino sia costituito dalla costruzione del (oppure della) Tav è da ottusi incoscienti o da scaltri. Il solo pensiero che un’opera che, nella migliore delle ipotesi, vedrà la luce fra vent’anni possa ribaltare le sorti del declino della città è penosamente infantile; scaltra, invece, è quella minoranza di cementificatori, finanzieri e politicanti che dall’inizio dei lavori trarrebbero profitti inimmaginabili.

Torino deve invertire la rotta ora e subito, dimenticando il miraggio di quel treno. Il Politecnico della città sabauda sforna cervelli eccelsi che vengono immediatamente precettati da società straniere, bisogna tenerli qui, incentivarli in modo serio senza umiliarli economicamente e professionalmente come accade ormai da tempo in questa povera nazione. La città ha bisogno di infrastrutture sostenibili, metropolitane, servizi, sinergia con le montagne, non la loro distruzione. La maggior parte dei metropolitani mesmerizzati dall’idea della Tav ignora la realtà montana, la percezione della natura di chi vive sul cemento e sul catrame è tragicamente verificabile quando arrivano nelle nostre valli con i loro tic e le loro manie e basta fare un giretto nei nostri boschi e nei nostri sentieri a fine agosto per verificare quale sia la loro sensibilità nei confronti della natura.

Il discorso non vale per tutti, è vero, purtroppo però sono proprio i più incoscienti a fare i danni più visibili. Del resto la consapevolezza che, in caso di Tav, la Valle di Susa sarebbe spacciata è ormai un dato di fatto. Pensate che se si dovesse costruire il buco i treni, e soprattutto il TGV, non transiterebbero più dalla linea storica e dunque non fermerebbero più a Oulx, snodo ferroviario naturale per il turismo invernale della Via Lattea. Però si arriverebbe a Lione un quarto d’ora prima, magari su un carro merci, e se proprio qualche francese volesse andare a sciare a Sauze d’Oulx dovrebbe prendere il treno, scendere alla Stazione Internazionale di Susa (Si farà? Non si farà?), prendere un trenino per Bussoleno, prenderne un altro per Oulx, godersi le stazioncine di Chiomonte, Exilles, Meana di Susa (ma solo di passaggio) e Salbertrand, scendere a Oulx dove, un’ora dopo l’arrivo, lo attenderà un piccolo autobus (ma 4×4) che lo porterà alla ridente località sciistica. Da Parigi a Susa in tre ore e mezzo, da Susa a Sauze solo quattro..eh beh, bisogna aspettare le coincidenze!! Del resto il (o la) Tav è fatto per collegare Parigi con Milano. Anche la favola di Torino è un falso scopo.

Dunque la Val di Susa rispetta la sua antica vocazione: è un corridoio, solo che Annibale non si ferma più e i suoi elefanti barriscono inascoltati sui carri “modhalor” che, a poco più di cento chilometri all’ora, rallentano i TGV nei 57 chilometri di un tunnel in cui, comunque, non potrebbero mai sfogare i loro 300 chilometri orari. Nel frattempo, dopo venti anni, le polveri sottili di Susa avrebbero adempiuto le profezie di Ltf (diventata poi TELT) secondo le quali ci sarebbe stato un aumento tra il 10 e il 15% della malattie circolatorie e cardiovascolari tra le fasce più deboli della popolazione: anziani e bambini.

Un vero esempio di come la vita umana venga prima del profitto. In attesa di tutto ciò (la rinascita di Torino grazie alla Tav, la costruzione della stazione di Susa, dello svincolo di Chiomonte, delle palafitte di Salbertrand, dell’abbattimento degli elefanti di Annibale) noi in valle ci esercitiamo quotidianamente al “rally della Dora” tra semafori, pit – stop, gimcane, rasette con Apecar. Si svolge ogni giorno tra Susa e Oulx. Ultimamente, inoltre, è stato introdotto il concorso “evita il Caterpillar”. È un gioco molto divertente che consiste, durante il transito a senso unico in un cantiere stradale, nell’evitare il contrappeso del Caterpillar che, proditoriamente, attende la tua vettura per ruotare su se stesso proprio mentre gli passi accanto. La scarica di adrenalina è assicurata.

Tanti metropolitani si chiedono, divertiti, che cosa stiano facendo tanti omini gialli lungo le strade e spesso li assimilano ai “gilet jaune” francesi. Qualcuno torna indietro, qualcuno si ferma nei bar dei paesi e chiede: “Ma cosa stanno facendo?”. E’ facile: mettono tubi. Tubi con acqua, tubi con cavi elettrici, tubi con fibra ottica perché si sa, noi saremo solo un corridoio, ma un corridoio tecnologicamente molto avanzato.

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7 COMMENTI

  1. Gent,mo Riccardo,
    la ringrazio e considero questa lettera un regalo d Natale, per me innanzitutto e poi per tutti i Valsusini.
    Non trovo altro modo che definire impareggiabile ed azzeccatissimo il “metropolitani mesmerizzati” attribuito ai cittadini torinesi non collocabili tra gli scaltri.
    Alle celebri e notoriamente colte madamine suggerirei in proposito la lettura de “L’armata dei sonnambuli” di Wu Ming prima di incespicarci in una prossima intervista.

  2. La EPFL (Ecole Politecnique Federale Lausanne) gestisce, sovvenziona, promuove, aiuta migliaia di start-up, quante ne gestisce il Politecnico di Torino? É la testa delle persone chi ci governano che occorre sosituire non fare sterili polemiche.

  3. Sottoscrivo tutto. Però i no tav non devono mettere la bandiera sui locail adibiti all’accoglionenza degli invasori, se veramente proteggono il territorio.

  4. Facciamola lunga,
    gli “invasori” sono in transito, forse invaderanno qualche Paese più avanti nel loro non facile cammino ma non il nostro, ed in questo non vedo nulla di temibile e nessuna necessità che qualcuno si senta in dovere di proteggersi.
    Dare soccorso a chi è in difficoltà è un atto umanitario e il farlo sotto una bandiera non può che onorarla.
    L’ac coglio nenza è un interessante neologismo che fa emergere quanto sia “coglio” il suo inventore.

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