QUOTE LATTE, CRESCE LA PREOCCUPAZIONE TRA GLI ALLEVATORI IN VAL SUSA: “COME SOPRAVVIVEREMO CONTRO I COLOSSI DEL NORD E DELL’EST EUROPA?”

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di MARIO RAIMONDO

Ormai ci siamo: manca poco più di un mese al 31 marzo, data  ultima del regime delle quote latte per gli allevatori. Dal giorno successivo scatterà forse un delle più grandi liberalizzazioni mai avvenute in contemporanea all’interno dell’Unione Europea, col superamento delle famose ‘quote latte’, un’invenzione datata 1984, con parecchi risvolti in chiaroscuro e che ha mosso un’infinità di latte ‘di carta’ con le annose e spinose questioni legate alle milionarie multe create dai superamenti delle famigerate quote.

Una pagina di storia si chiude ed un’altra si apre con l’incognita data dalla pagina bianca tutta da scrivere: quel che accadrà lo si scoprirà strada facendo ma taluni prodromi indicano che è meglio stare  all’erta. Soprattutto in Italia, dove il superamento del regime delle quote, più che a portare il settore verso il big bang d’una nuova espansione produttiva, si teme e forse si prospetta la possibilità del big crunch. La mucca tricolore alzerà la bandiera bianca? Si spera davvero di no, ma il settore chiede attenzione. Un primo segnale di richiesta d’attenzione è avvenuto lo scorso lo scorso 6 febbraio quando in tutta Italia si sono portate le stalle in piazza , organizzando la più grande mungitura pubblica mai avvenuta al mondo, con l’obbiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla grave crisi che sta vivendo a livello nazionale il comparto lattiero caseario, stretto tra l’incudine di una burocrazia asfissiante ed il martello di prezzi spesso in caduta libera.

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“Siamo ovviamente preoccupati – ci dice Ezio Soffietto, allevatore almesino – perché gli effetti di questa nuova epoca che si aprirà a breve sono davvero tutti da scoprire. Oggi mediamente  ci  pagano il latte –spot 0,35 Euro al litro… e sicuramente non ci arricchiamo…tutt’altro…domani vedremo. I segnali di cambiamento li vediamo dal fatto che i caseifici si stanno organizzando per raccogliere il latte in ambiti geografici di pertinenza in modo da ridurre i costi di trasporto. Le quote latte, pur con tutti i problemi che hanno creato, hanno però consentito la sopravvivenza  di tante aziende che a breve saranno messe in competizione con i colossi del nord ed est Europa. Sopravviveranno? Sopravviveremo? La domanda è tutt’altro che peregrina e basta guardare la stampa specializzata per capire il dramma in cui stanno sprofondando tanti allevatori costretti a chiudere baracca e burattini. ..Io non penso che la soluzione ai problemi vecchi e soprattutto nuovi che si paleseranno nel nostro settore siano in una specie di nuovo assistenzialismo, che oltretutto sarebbe alla fine sia impraticabile che controproducente, ma non posso non notare che c’è un costo ben diverso tra un litro di latte prodotto in malga ed uno prodotto in una farmer danese…”

Ragionamento, quello di Ezio Soffietto, che non fa una grinza e che introduce al concetto di ‘qualità’, fiore all’occhiello dell’agricoltura del Bel Paese. Ecco allora la necessità di riunire attorno ad un tavolo tutti stakeholder che gravitano nel settore lattiero caseario per trovare una ‘quadra’ a quella potenziale mina vagante che minaccia una significativa parte dell’agricoltura italiana e nostrana. Conclude Soffietto : “Io penso che il latte sia un prodotto ‘strategico’ nel senso che ogni paese dovrebbe averne una produzione propria non negoziabile e non dismettibile…Ora se è vero che il dado è tratto, la speranza della nostra partita è quella del giocare la carta della qualità. Il consumatore deve sapere se il latte che beve è della ‘mia’ stalla o se è stato munto su Urano ed impacchettato su Plutone…Il consumatore deve sapere, deve potere scegliere, deve avere le informazioni che gli consentano di  uscire dall’omologazione del gusto e dall’ambiguità dell’etichetta.”

Dunque  una strada nuova a breve per gli allevatori valligiani: un sentiero stretto da percorrere tra mille intoppi che comprendono ,in molti casi, anche la delicata questione del passaggio generazionale nelle aziende. Ma una strada obbligata dagli eventi. Con la speranza che il prossimo 1 Aprile non venga (dai posteri) ricordato come il giorno dell’ultimo scherzo all’agricoltura italiana.

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