“SCARPE & SCARPE” IN CRISI: A RISCHIO 1800 POSTI DI LAVORO

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COMUNICATO DELLA CGIL

AVIGLIANA – La chiusura dei punti vendita per l’emergenza sanitaria Covid-19 pare abbia dato il colpo di grazia alla catena “Scarpe & Scarpe”, che ha presentato istanza di concordato preventivo al Tribunale Fallimentare di Torino, città dove l’azienda ha la propria sede principale.

Le organizzazioni sindacali hanno ricevuto oggi la comunicazione ufficiale dell’istanza di concordato, venendo contestualmente a conoscenza di uno stato di difficoltà aziendale, che parrebbe risalire ad una situazione pregressa alla chiusura dei punti vendita decisa dal Governo per l’emergenza sanitaria. Alla decisione di percorrere la strada del concordato preventivo i vertici aziendali sono giunti dalla previsione di mancate fatturazioni per circa 50 milioni di euro, dovute all’emergenza da Coronavirus, che andrebbero a sommarsi alle pregresse passività.

Una condizione che pone fortissime preoccupazioni sul futuro dei circa 1800 dipendenti dislocati nei 153 punti vendita del paese. Data la situazione di oggettiva difficoltà, qualche giorno fa, le organizzazioni sindacali avevano sottoscritto un accordo per la fruizione delle nove settimane di Cassa in Deroga previsto dal DL n.18 del 17/03/2020, senza però trovare garanzie per il saldo mancante della mensilità di febbraio retribuita solo al 60%.

Tutti i dipendenti oggi versano in evidente difficoltà al reperimento di forme di reddito: al mancato saldo della mensilità di febbraio si aggiungono i tempi di attesa per la riscossione della Cassa Integrazione, quando l’Inps sarà in grado di metterla in pagamento.

I sindacati, per monitorare la situazione, chiedono all’azienda di poter aprire un tavolo permanente di confronto sullo stato di avanzamento del piano concordatario, previsto nei 120 giorni (al massimo) dalla presentazione dell’istanza; sulla gestione dei punti vendita quando sarà possibile la riapertura; sulle azioni aziendali intraprese per favorire la ricerca di soluzioni a risanamento della propria condizione economica e finanziaria a supporto della continuità occupazionale e reddituale dei propri dipendenti.

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13 COMMENTI

  1. Se non si trova un modo per ripartire in sicurezza, ma presto, questo sarà solamente il primo anello di una lunga catena.

  2. Sicuramente del punto vendita di Avigliana ben pochi sentiranno la mancanza.
    Milleottocento dipendenti per vendere scarpe di modesta qualità a scapito di centinaia di negozi di vicinato costretti nel tempo a chiudere bottega svelano in un solo colpo l’assurdità di una simile concezione del commercio e del lavoro.
    Spalanchino le orecchie gli amministratori locali sempre pronti a riempirsi la bocca con simili malsane “creazioni” posti di lavoro.
    Potranno cogliere il faticoso respiro delle le piccole attività a conduzione familiare o di piccole dimensioni che, stringendo la cinghia con i lauti 600,00 euro ancora da ricevere, per ora non si sono ancora gettate sulla strada e saranno la prime a cercare di risollevarsi con le proprie forze.
    Presto anche loro chiederanno ascolto e sarà il caso, per una volta, di darglielo.
    Ed ora restiamo in attesa del prossimo capitombolo. Pronostici?

    • Certo che gioire per la possibile perdita di 1800 posti di lavoro è davvero discutibile,per usare un eufemismo.Ed aggiungo che è tipico di chi ha abbracciato le teorie neoluddistiche di certi personaggi che vogliono farci credere che la “decrescita felice” sia il futuro auspicabile per tutti.Lo vada intanto a raccontare alle 1800 famiglie che molto probabilmente si ritroveranno in difficoltà e cerchi di convincerle che saranno più “felici”.A proposito,Lei lavora?Spero di sbagliarmi ,ma da quello che scrive non penso proprio.

    • Vendono le stesse scarpe che trovi in quei “centinaia di negozi di vicinato” che ami tanto, con la differenza che c’è più scelta e costano meno. Per cui sei libero di andare a regalare più soldi per la stessa merce con la medesima qualità nel negozio sotto casa, ma risparmiaci la tua retorica da quattro soldi basata sul nulla. Oltretutto un po’ più di rispetto verso chi sta rischiando il proprio posto di lavoro non guasterebbe. Ma l’empatia non è una cosa che si può insegnare a chi non ce l’ha.

  3. Restando a sproposito confermo che i posti di lavoro “creati” distruggendo posti di lavoro sono una iattura per tutta la collettività ed il costo di questo “creativo” modello di sviluppo.
    Sempre a sproposito sottolineo che ci sono posti di lavoro che si distruggono in blocco senza possibilità seria di difesa e posti di lavoro diffusi che, oltre a resistere abitualmente meglio, quando vengono meno lo fanno in modo graduale e senza scaricare i propri costi su altri.
    Ancora a sproposito preciso che lavoro parecchio e do lavoro, anche adesso, con una tempestiva attivazione dal lavoro a distanza ed ammirevole quanto pronta risposta del personale.
    La decrescita ovviamente non c’entra per nulla, latitano la crescita intelligente e la capacità di destinare alla soffitta un modello economico che, con o senza pandemie, è la vera rovina dell’umanità.

    • E in cosa sarebbe “meglio” un piccolo negozio che vende le stesse scarpe vendute in una grande catena? Ti è noto che i negozi vendono scarpe fatte dall’industria? Il resto si chiama libero mercato, e va rispettato non solo quando fa comodo.

    • Ma chì è Lei per arrogarsi il diritto di decidere quale lavoratore deve essere tutelato e quale no?Se non rispondeva arrampicandosi sugli specchi come suo solito faceva una figura migliore.La sua replica è davvero miserrima e denota arroganza e mancanza di empatia.Si metta nei panni di chi rischia il posto di lavoro e poi ne riparlamo…Visto che è occupatissimo La lascio al suo telelavoro,ma si ricordi che sono tanti i mestieri che non si possono svolgere da casa,direi la maggior parte.

  4. Concordo al 100 % con quanto detto dal Sig. Bruno, e come lui NON gioisco per i possibili licenziamenti.
    Spero che gli amministratori di Avigliana che pochi mesi orsono hanno tifato per l’ arrivo di nuovi posti di lavoro con l’ ennesimo centro commerciale abbiano capito il paradosso e che dopo questa tragica esperienza pandemica non si torni più alla tanto acclamata “normalità” di prima che non aveva più nulla di normale.
    Mauro Galliano. Condove.

  5. Il “libero mercato” non merita alcun rispetto se non lo si approva e se lo si considera un rottame ideologico.
    Ho scritto chiaramente che è il modello economico che siamo costretti a subire ad imporci questo “libero mercato”, di sicuro non può imporci di considerarlo divino.
    Comunque, anche solo con la lettura delle pagine economiche dei quotidiani main stream è oramai chiaro che questo libero mercato è solo più un mantra, superato da dinamiche finanziarie di spostamento ed accumulo della ricchezza, associato a sistemi di produzione oligopolistici, che di “libero” hanno lasciato ben poco.
    Mai cercato di essere empatico per esporre, con civismo ed educazione, le ragioni in cui credo e che credo opportuno far conoscere anche ad altri.

    • Bene,ora che ci ha impartito la sua solita lezioncina da tuttologo provi a spiegarlo a chi perderá il lavoro.Può farlo sia in modo empatico che non empatico se preferisce,non credo che faccia molta differenza…

      • D’altronde cosa pretendi da uno che crede che lo stesso prodotto X dell’azienda Y abbia una qualità inferiore se lo compri in una grande catena rispetto a un piccolo negozio… cervelli incrostati da ideologie strampalate.

  6. Che piaccia o no, il Sig. Bruno ha ragione, il problema non è solo della catena menzionata nell’articolo…oramai le calzature che vedono la manifattura cinese,indiana e compagnia cantante sempre più simile al cartone pressato è insostenibile…la gente compra una volta…poi lascia perdere. Le scarpe poi fra l’abbigliamento è forse il capo più sensibile…se di scarsa (eufemismo) qualitá…sono letteralmente dolori. In quanto all’innocente manovalanza che potrebbe perdere il posto di lavoro…sono i rischi del mestiere, è giá successo ad altri prima e succederá anche dopo, quando il Titanic affonda lo si fá insieme…poco importa che la colpa sia di chi ha tirato troppo la corda…senza averne le possibilitá.

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