SCI A BARDONECCHIA, LA PROTESTA CONTRO LA CHIUSURA DELLE PISTE: “CI HANNO PRESI IN GIRO”

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FOTO DI THOMAS ZANOTTI / COMUNICATO DI BARDONECCHIA SKI

BARDONECCHIA – Amici e operatori della montagna uniti a Bardonecchia e in tutte le stazioni piemontesi per richiamare l’importanza del comparto neve per l’economia dei territori montani. Un grido d’allarme rappresentato dagli atleti degli Sci Club locali che hanno disegnato il simbolo di SOS a 2.400 metri di quota per poi scendere dalle piste fino in paese. Oggi pomeriggio si è tenuto il flash mob a Campo Smith con la società degli impianti, il Comune e il Consorzio Turistico Bardonecchia, insieme a tutti gli addetti del settore neve della località.

Nicola Bosticco Amministratore Delegato Colomion Bardonecchia Ski lancia un grido d’allarme: “Per l’ennesima volta la sera prima dalla riapertura siamo stati fermati senza preavviso né rispetto per le tante spese intraprese, né per i lavoratori degli impianti di risalita beffati nuovamente e senza un euro di ristoro da marzo 2020. È sempre mancata una pianificazione con gli operatori della montagna che non sono mai stati ascoltati. Ci siamo sentiti presi in giro, hanno approvato i protocolli per lo sci che sarebbe stato comunque contingentato al 30% e poco dopo fatto marcia indietro. I lavoratori stagionali sono restati a casa senza che fosse garantita loro la cassa integrazione. Nelle vicine stazioni francesi han garantito l’84% dello stipendio netto da inizio stagione e fino ad aprile e il 90% di loro è stato assunto su garanzie del governo”.

Infatti da inizio stagione per ben cinque volte di fila, gli impianti di risalita hanno prodotto la neve e preparato piste e seggiovie per accogliere gli sciatori accumulando ulteriori debiti e spese che si potevano arrestare subito; l’aggravio di costi è così stato pesantissimo per un comparto chiuso per DCPM a differenza di tutte le altre attività outdoor individuali che restano consentite. Serve tempestività da parte del nuovo Governo se si vuole arrestare una crisi che rischia di prolungarsi negli anni; le società degli impianti di risalita vedranno i primi ricavi, epidemia permettendo a dicembre 2021, dopo oltre un anno e mezzo, nel quale hanno sostenuto solo costi e si sono indebitate per anticipare la cassa integrazione e pagare fornitori e imposte.

Prosegue Bosticco: “Occorrono certezze immediate e non l’ennesimo annuncio poi disatteso di una possibile partenza al 5 marzo prossimo. L’apertura di un comprensorio sciabile è complessa, necessita di tempistiche di preparazione e di organizzazione certe, da noi almeno 15 giornate lavorative intense, se vogliamo aprire per tale data dovrebbero darci la certezza già da lunedì 22 febbraio oppure non illuderci più facendo maturare ulteriori costi. Tradizionalmente marzo è un mese residuale per la stagione, soprattutto quest’anno le spese non giustificano più la riapertura, non vogliamo aggravare oltre la nostra situazione e compromettere il prossimo futuro; la stagione è finita parliamo di ristori subito”.

Il Covid-19 ha stravolto il turismo invernale: se non arriveranno urgenti misure a favore di tutti gli operatori e dei lavoratori del comparto quali impianti, albergatori, maestri, noleggi sci, ristoratori, commercianti oltre ai tanti fornitori diretti e indiretti, l’intera economia e i posti di lavoro collegati verranno spazzati via, si parla per la sola Bardonecchia di circa 80 milioni di euro di introiti dal turismo invernale.

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