VALSUSA, IL RACCONTO DI UNA NOTTE A OULX CON DUE FAMIGLIE DI MIGRANTI E I LORO BIMBI PICCOLI

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riceviamo dal MOVIMENTO NO TAV

OULX – Siamo sempre qui, in Valsusa, ai confini nord occidentali della nostra amata penisola. Suonerà strano a chi è cresciuto con l’idea di una comunità europea unita libera dai confini nazionali, i confini esistono e fanno male. Quella di oggi è una cronaca fedele di una serata, una delle tante sui nostri monti, purtroppo cronaca ripetuta quasi quotidianamente nel suo contorno drammaticamente umano. Non ci sono nomi e dettagli, cose utili solo a chi in modo vouyer si dedica e assume l’informazione. Ci sono le notizie che servono per capire e muoversi.

Nevica, non molto, ma fa freddo, solitamente all’arrivo del brutto tempo le temperature si mitigano un pochino, si saltella attorno allo zero. È domenica sera, le giornate di sci si sono concluse e con loro anche le lunghe code di auto. Dall’alta val di Susa, dalla Francia scendono in centinaia incolonnati fino a sera verso Torino. I paesi turistici svuotati sembrano addormentarsi piano piano. Quello che non si ferma invece è il disperato tentativo di attraversare il confine non per sport ma per necessità.

Lì non ci sono più le auto e le scintillanti tute da sci, ci sono le persone, poco vestite e cariche di speranza. Non si ferma neanche la solidarietà e i turni di emergenza delle persone delle valli, italiane e francesi che soccorrono, si interessano, aiutano.

Ci si ritrova così la domenica sera a Oulx, soli, in una situazione quasi surreale. Due famiglie centro-africane con due bambini piccoli, pochi mesi uno e pochi più di un anno l’altro. Mamma, papà e bimbo, ripetuti per due, alle 23 ormai, al freddo, senza treni, senza sala d’attesa e senza possibilità per la notte. Con loro alcuni volontari e di lì a poco anche la pattuglia dei carabinieri del paese. I ragazzi hanno provato con i bimbi a spalle a varcare il confine dal valico del vicino Monginevro, passando da Claviere, proprio dove poche settimane fa si era marciato insieme in una grande manifestazione, respinti dalla polizia francese. Tutti sono preoccupati della situazione, due bimbi, due famiglie non possono dormire al freddo.

Nella vicina Bardonecchia in stazione, presso la sede del soccorso alpino, è stata approntata ormai da mesi una saletta per passare la notte al caldo. Una ong con medici segue e aiuta chi approda a questo luogo “sicuro”, ma non è adatta per queste situazioni o meglio si dorme strettissimi e per i bimbi non va bene. Sono i limiti che la rete della solidarietà di entrambi i versanti delle Alpi si era data, per le famiglie ci sono le case. Per i giovani in forma la saletta di Bardonecchia invece rimane un buon posto per recuperare energie e ritentare.

Parte così una non breve discussione con i carabinieri che, se da un lato sono anche loro increduli della situazione, dall’altro non hanno mezzi per affrontare in modo decoroso il problema. La proposta della saletta ovviamente viene respinta, alla fine si “fidano”, prendono nota dei documenti dei “soccorritori” e lasciano partire l’improvvisato gruppo che nel frattempo si era riparato in auto.
Gli accordi di Dublino sono miseramente franati. Per loro la repubblica francese avrebbe dovuto aprire immediatamente una presa in carico completa ed ha invece applicato un respingimento illegale. La repubblica italiana si sarebbe invece fatta carico del problema separando i maschi adulti, per noi papà, dal resto della famiglia. Identificazione, spostamento verso il cas di Settimo Torinese o se dopo un controllo fosse uscito qualche foglio negativo, si sarebbe aperta la pratica di espulsione presso il locale centro di detenzione ed espulsione di Torino. Per le mamme ed i bambini dopo una notte in commissariato, forse si sarebbe aperta la porta di una casa famiglia. Che dire, non una buona prospettiva per un viaggio in Europa verso la tanto sognata “salvezza”.

Un pasto e un letto caldo invece li attendono, una parola di conforto, un aiuto francofono che scioglie il gelo ambientale e non solo. È la magia della solidarietà che con non poche difficoltà avevamo provato a tradurre in forma scritta nelle scorse settimane. Tutto funziona e il triste e difficile problema del confine alpino viene superato. Quello che seguirà nel viaggio di queste persone forse un giorno lo ritroveremo nei ricordi dei protagonisti, forse i piccoli lo sentiranno dalla voce di papà e mamma. Quello che ci resta è un bel ricordo di una stretta di mano e un abbraccio nella neve. I dettagli come dicevamo all’inizio non ci interessano, quelli li lasciamo alle cronache di basso profilo.

Serve invece informarsi e conoscere il problema e discuterne in modo approfondito e, perché no, anche in modo critico. Poteva andare in modo diverso, passuer, truffatori, schiavitù, assideramento, ancora guardie di frontiera, grazie all’azione concreta questo non è accaduto. Essere presenti serve a questo, a non lasciare il nostro posto ad altro e ad altri che sui mali del mondo gioiscono e speculano. A volte esserci serve a trasformare la realtà, rendendola simile ad un sogno.

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4 COMMENTI

  1. Davvero molto bravi questi volontari, non si possono lasciare morire di freddo mamme e bambini, e nemmeno togliere ai bambini il loro papà… Speriamo che un giorno riescano a sistemarsi in Francia, che in nome di decenni di sfruttamento delle colonie, dovrebbe aprire il cuore e le frontiere e dare una mano all’Italia ad affrontare questa emergenza…

  2. Bellissima narrazione. Senza offesa, ma io prima preferisco aiutare gli orfani italiani ed anziani che non arrivano a fine mese, i VERI DIMENTICATI da tutti. E lo faccio in silenzio senza narrare.

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