VALSUSA, L’AUTOSTRADA È UN BENE PUBBLICO: NO AI GIOCHI FINANZIARI

Condividi
FacebookTwitterWhatsAppMessengerEmailLinkedIn

COMUNICATO DEI SINDACATI DELLA ROSS, FIT-CISL E UGL

Susa – Un’autostrada non è un bene privato …“almeno, noi pensiamo così”
Noi riteniamo che non può essere gestita come se fosse un’impresa. Non a caso la concessione è lo strumento con cui lo Stato, quale espressione della collettività dei cittadini, realizza finalità pubbliche, utili alla stessa collettività.
La finalità della concessione non è la mera realizzazione del profitto, ma garantire senza intoppi la mobilità veicolare dei cittadini, mantenere efficiente l’infrastruttura generando le condizioni per la crescita economica e sociale del territorio a vantaggio dei cittadini.
Nello specifico, come lavoratori e rappresentanti di lavoratori, vogliamo mettere in evidenza come la viabilità autostradale sia un settore del pubblico che non può ridursi alla sola attività di esazione del pedaggio!
Autostrada è sicurezza, autostrada è manutenzione, autostrada è prevenzione rischi, autostrada è presidio antincendio, autostrada è corretta posa dei cantieri, autostrada è segnalazione degli ostacoli… tutte attività che in val Susa, su un itinerario internazionale, la direttrice Torino – Modane fra Italia e Francia, sono attualmente realizzate con professionalità e dedizione dai lavoratori di RO.S.S. srl.
Quando lo Stato, espressione comunitaria e sociale, come lo intende la nostra Costituzione, dà in concessione l’esercizio di una tratta autostradale non lo fa per “raccogliere” il pedaggio, ma proprio per queste cose: dare sicurezza, ridurre i rischi, mantenere in efficienza viadotti, ponti e gallerie, garantire un’efficace comunicazione su una infrastruttura che permette di fruire la libera circolazione prevista dall’art. 16 della Costituzione. Tutto economicamente sostenibile per quel pedaggio che è “mezzo” e non “fine”.
Ha senso realizzare extra-profitti su queste attività? Ha senso, per ridurre il costo del lavoro, vendere queste attività con l’obiettivo di realizzarle attraverso altri soggetti, solo perché RO.S.S. ha un contratto aziendale di primo livello che apparentemente è più caro? Più caro solamente perché le professionalità dei suoi lavoratori sono riconosciute anche economicamente?
RO.S.S. è oggetto di una vendita che “porta via” dal territorio della Val Susa una sua eccellenza.
Sitaf, la società della A32 Torino – Bardonecchia e del traforo del Frejus, è nata come società pubblica per una finalità pubblica. Fra i suoi azionisti, accanto ad ANAS, c’erano i soggetti pubblici del territorio, rappresentanti delle collettività (Provincia, Comuni, Camere di Commercio…), come in tante realtà che gestivano e controllavano, con “pubblico profitto”, a vantaggio dei pubblici bilanci, tante concessionarie autostradali. Oggi Sitaf, anziché continuare a finanziare con i suoi lauti profitti le casse pubbliche garantendo sicurezza, manutenzione e occupazione, è progressivamente passata nelle mani di soggetti privati che fanno “efficientamento” con scelte di concorrenza fra contratti di lavoro, che riducono all’osso l’impiego di personale, che usano disinvoltamente rapporti di lavoro precari, che speculano anche a danno delle risorse di un territorio fragile, come quello di montagna, e lo fanno senza minimamente ricordarsi che stanno sfruttando un’infrastruttura pubblica, cioè “di tutti”.
Anche Tecnositaf, altra realtà controllata integralmente da Sitaf, sta vivendo analoga vicenda, ancor più drammaticamente, “costretta” ad una fine ingloriosa attraverso la liquidazione per perdita di capitale sociale, entrata oramai, attraverso la privatizzazione di Sitaf, a far parte di un “gruppo finanziario” che non è interessato alle finalità pubbliche di una autostrada, ma solamente all’utile di bilancio. Anche qui con “concorrenza interna al gruppo”, dove altre imprese realizzano simili servizi e produzioni.
Il caso di Tecnositaf appare emblematico. Società leader in Italia e all’estero nella realizzazione di sistemi per la gestione del traffico, non solo per Sitaf, ma principalmente per Anas, per la quale realizza tutti i sistemi che quest’ultima, che è anche azionista di Sitaf, utilizza per la gestione della rete stradale nazionale.
Come lavoratori ed Organicazioni sindacali siamo convinti sia necessario fermare i giochini finanziari che per meri interessi privati smantellano importanti esperienze produttive monetizzando ciò che è stato costruito col capitale pubblico e che è a servizio dei beni pubblici. Infatti le voci, che ci auguriamo siano nei fatti smentite, parlano a loro volta di una prossima cessione di una quota importante della capogruppo che controlla le concessionarie autostradali del Nord Ovest che gestiscono il bene pubblico della viabilità autostradale dopo che l’intero gruppo ha già visto una importante partecipazione azionaria da parte di un fondo francese.
È ora di fermare queste manovre che provocano oggi non solo evidenti danni al “patrimonio di tutti”, ma particolare alle famiglie di quei lavoratori che, in maniera seria e diligente, hanno prestato la propria opera quotidianamente sperando in un futuro sereno nella società per la quale lavorano.
Se oggi è il turno di Tecnositaf e di RO.S.S., appare domani all’orizzonte la sovrapposizione operativa fra Musinet e Sitalfa con altre aziende del gruppo in quanto società operanti nella progettazione e nelle costruzioni edili. Appare quindi molto chiaro come siano considerate “doppioni da chiudere”, possibilmente riducendo i costi (del personale in primis) per permettere la mera massimizzazione del profitto in un ambito che opera per il servizio pubblico.
Un’autostrada non è un bene privato… noi continuiamo a pensare!
I rappresentanti del “pubblico”, chi a nome di ANAS siede nei Consigli di Amministrazione di queste società, come delle altre Concessionarie in Italia, il Ministero che ha l’onere di dare in concessione un bene di tutti avente finalità pubbliche, ma che ha anche il dovere di dirigere e garantire il rispetto di queste pubbliche finalità, l’Autorità dei Trasporti, chiamata a regolare e mitigare gli effetti della deriva economicista delle privatizzazioni, trovino il modo di evitare che un patrimonio di professionalità, di redistribuzione di redditi sul territorio, di garanzie di qualità e continuità del servizio, non venga disperso con la vendita di RO.S.S. e con la liquidazione di Tecnositaf.
Perché l’autostrada e il traforo fra Torino e Modane, fra l’Italia e la Francia, è un bene pubblico di valore internazionale ed europeo, e come tale va tutelato e gestito!

FacebookTwitterWhatsAppMessengerEmailLinkedIn
Condividi
© Riproduzione riservata

17 COMMENTI

  1. la Sitaf NON è mai stata PUBBLICA, da sempre è una società privata a maggioranza pubblica (fino a qualche mese fa); infatti NESSUN dipendente è stato assunto per concorso pubblico!!!

    • La finalità sarebbe PUBBLICA, ma la gestione è la cosiddetta PARTECIPATA, che consente di non fare i concorsi pubblici, no?

  2. Come diceva Fo ” ho visto un re ” ora diventa pubblico ciò che ieri era interesse privato gestito da posti di lavoro per amicizia? Ah beh di beh…scava…scava..ma non Gavio il Prefetto ,così capiremo la verità.

  3. Ricordiamo a noi ed ai posteri cosa vuol dire privatizzazione del bene comune. Massimo sostegno a chi rischia il posto. Forse a livello nazionale servirebbe un referendum per negare altre privatizzazioni che taluno potrebbe volerci propinare: sanità e acqua per citarne due note.

  4. Simpatico pistolotto preconfezionato ma del tutto inutile . Le autostrade in Italia sono un bene dei ladroni che le gestiscono , mentre dovrebbero essere gestire dallo stato ovvero ANAS

  5. Solidarietà ai lavoratori. Ma la A32 è l’autostrada più cara d’Italia (prezzo al chilometro – in concorrenza con la Torino-Ivrea-Aosta). Come si concilia questo dato con il fatto che in questi comunicati si dipingono sempre le aziende controllate come belle, efficienti e da far invidia al mondo ? Quando vedrò i prezzi della A32 allineati alla media di Autostrade per l’Italia, mi convincerò della bontà di queste prese di posizione.

  6. No ai giochi finanziari bisognava dirlo nel 1989 quando con la caduta del muro di Berlino l’umanità accettò che il liberismo e il libero mercato divenissero i sistemi politici ed economici unici a livello pressoché globale.
    In realtà applaudivamo con magno gaudio alla semina delle delle nobiltà finanziarie in terra socialista. Non fu esportata la libertá, non furono esportati i diritti. Tutti invece sostenemmo inconsapevolmente la rinascita di un nuovo medioevo edificato non su presupposti nobiliari ma puramente capitalistici che amplia giorno dopo giorno il divario classista tra i proprietari dei mezzi di produzione, i loro servi e caporali e gli schiavi impotenti a quali oggi è ormai mercificato persino lo spirito.

    • In effetti siamo sempre nel Medioevo (Principi, vassalli, valvassori e valvassini, servi della gleba) che a sua volta era solo un proseguimento del sistema dei Romani (Patrono, clienti, …, schiavi), che a sua volta ereditava quel che c’era prima …
      Anche il tipo che 2mila anni fa ha proposto a riorganizzare un po’, ha fatto una brutta fine e oggi ha un seguito sparuto

    • Infatti Signor Giordano, lei ha perfettamente centrato il problema, peccato che in pochi non capiscono dove andremo a parare, lo capiremo e ci renderemo veramente conto quando il prossimo inverno staremo al freddo senza gas, senza petrolio ecc il brutto deve ancora venire, solo che ha ragione Meluzzi, siamo un popolo di appecorati, non siamo capaci a a farci sentire, ma anche quando
      ci facciamo sempre pacificamente sentire ti mandano addosso le forze dell ordine, ma in quale cavolo di paese democratico stiamo vivendo?
      Il peggio dobbiamo ancora vederlo, auguri al popolo italiano petche ha proprio bisogno di auguri

      • Quel “popolo italiano” dice molto sulla tua forma mentis. Se per voi “farvi sentire” vuol dire fare i NoGreenPass/NoVax, o i sovranisti de noialtri, fanno bene a riempirvi di mazzate.

Che cosa ne pensi? Scrivici la tua opinione

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.