VALSUSA, TRAGEDIA DEL PARAPENDIO: “STEFANO È MANCATO FACENDO LA COSA CHE PIÙ GLI PIACEVA FARE”

Sauze d'Oulx, le parole al TgR Piemonte di Ilaria Perron Cabus, moglie di Stefano Berrone, dopo il tragico incidente in Val Troncea

Condividi
FacebookTwitterWhatsAppMessengerEmailLinkedIn
Stefano Berrone e Ilaria Perron Cabus

SAUZE D’OULX – “Ste è mancato facendo la cosa che più gli faceva fare, e nessuno deve limitarsi perché lui è mancato felice…quindi vivete a palla e godetevi ogni momento. La vita è bellissima e lui l’ha mostrato a tutti noi”.
Il giorno dopo il tragico incidente avvenuto sabato 19 marzo sulle montagne della Val Troncea, il TgR Piemonte ha intervistato Ilaria Perron Cabus, la moglie di Stefano Berrone, rimasta vedova con tre figli piccoli. Stefano Berrone è mancato a causa di un incidente durante la discesa con il parapendio, nel territorio di Pragelato. Una morte tra cielo, vento e montagna: una folata di vento improvviso ha causato l’incidente, proprio mentre Stefano Berrone stava effettuando l’atterraggio, e l’ha sbattuto contro un costone. Il soccorso alpino è intervenuto sul posto con l’eliambulanza, trasportando con urgenza il 40enne sauzino al Cto di Torino per tentare di salvarlo, ma non c’è stato nulla da fare.

FacebookTwitterWhatsAppMessengerEmailLinkedIn
Condividi
© Riproduzione riservata

5 COMMENTI

  1. Non sono d’accordo, questi sono sport pericolosi che un padre di famiglia…Tanto più se hai moglie e figli.

  2. La montagna reclama sempre il suo tributo , soprattutto dai più fedeli ed esperti ; è una regole durissima ma la montagna è dura . Quindi massima attenzione ed amore per la montagna . Gli angeli ti faranno da cornice mentre voli in parapendio tra le nuvole

  3. Prima di tutto porgo le più sentite condoglianze alle famiglie del giovane deceduto. Non concordo affatto però sulle parole della vedova, alla quale va tutta la mia solidarietà, ma non il consenso nel dire che la vita vada vissuta, come dice lei, a palla godendosi ogni momento. Non che si sia qualcosa di sbagliato nel godersi la vita, ma la vita è un dono di Dio, sacro, e in quanto tale va rispettato in ogni momento. Non va bene che centinaia di persone ogni anno debbano morire per esempio sul posto di lavoro perchè non vengono quasi mai rispettate le norme di sicurezza e non vengono effettuati i controlli sui macchinari, senza contare chi addirittura rimuove le protezioni per lavorare più velocemente. Questo provoca morti che sarebbero evitabili e che fanno piangere centinaia di famiglie. Passando allo sport, è ovvio che praticarlo fa bene alla salute, dal correre al camminare in montagna o sciare in luoghi sicuri al nuotare al mare all’andare in palestra, sono quelle attività che ci permettono di fare del bene al corpo e alla mente, scaricando lo stress che quotidianamente subiamo a causa di lavoro, problemi familiari, di salute eccetera. Ma ci sono sport sicuri diciamo quasi al 100 per cento, e sport invece che mettono gravemente a repentaglio la vita ogni volta che si praticano, tra cui parapendio, bungee jumping, scalate estreme, corse con auto e moto, boxe e così via… Prima di praticare sport simili, bisognerebbe recarsi a fare un giro negli ospedali e guardare bene negli occhi quelle persone molto più sfortunate, giovani o anziane, che vorrebbero vivere ma purtroppo vengono colpite da mali spesso incurabili e dopo anni di battaglie perdono la guerra passando loro stessi in quanto pazienti e le loro famiglie, momenti di puro dolore. Queste persone pagherebbero qualsiasi cosa non per fare sport pericolosi, ma per poter uscire di casa con il cane al guinzaglio, andare fino al mercato, passare un pomeriggio in riva al mare eccetera, ma purtroppo a causa della loro malattia non solo non possono farla, ma la loro vita viene tragicamente abbreviata. Di fronte a tutto questo, è giustificato realmente chi, potendo fare attività poco rischiose (il rischio zero purtroppo non esiste), insiste nel voler praticare attività potenzialmente mortali e quando accade l’irreparabile giustifichiamo il tutto dicendo “è morto facendo quello che gli piaceva”??? Mi viene da domandarmi, i suoi piccoli bambini la pensano nello stesso modo, oppure avrebbero voluto un papà che andasse a passeggiare su sentieri tranquilli e tornasse a casa ad abbracciarli???? Possibile che l’essere umano per divertirsi debba rischiare la vita anche quando non è più solo ma ha una famiglia che lo ama e lo attende a casa??? E ripeto, il rischio zero non esiste, ma ha senso mettere a repentaglio la nostra vita in maniera consapevole quando ci sono decine di attività altrettanto soddisfacenti e meno pericolose? Io penso di no, la vita va protetta nel limite del possibile, ma detto questo, rinnovo le condoglianze alla famiglia per il dolore immenso per questa grave perdita.

Rispondi a Mi chiamo nessuno Annulla risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.