LETTERA DEI MEDICI DELLA SEZIONE VALSUSA DI RETE ZEROPFAS ITALIA
BUSSOLENO – Gli ultimi dati del monitoraggio acque condotto da Greenpeace su cinque comuni della Valsusa confermano ciò che temevamo, cioè che esiste un problema di inquinamento delle acque potabili da PFAS, come già emerso dalle analisi SMAT nel 2024. Quattro comuni su cinque si trovano con queste sostanze nell’acqua potabile. Uno dei PFAS presenti (PFOA) è cancerogeno, oltre ad avere numerosi altri effetti sulla salute. Un altro (TFA, il più diffuso e presente a livello mondiale) è sospettato di essere tossico per il fegato e per l’apparato riproduttivo. Il TFA è un esponente della categoria dei nuovi PFAS che hanno gradualmente rimpiazzato le più vecchie molecole come il PFOA, anche in ragione del fatto di accumularsi di meno negli organismi viventi ed essere quindi potenzialmente meno pericolosi.
In realtà, studi recenti, condotti in diverse regioni del pianeta, hanno mostrato che questa molecola si trova oggi nell’ambiente in concentrazioni da 10 a 100 volte più alte rispetto ai vecchi PFAS e che è presente negli organismi umani, in concentrazioni paragonabili a quelle delle molecole più vecchie. A peggiorare la situazione concorre il fatto che, mentre molecole come PFOA e PFOS sono abbastanza ben conosciute per quanto riguarda i loro effetti dannosi, tutte quelle più recenti non lo sono affatto, e godono di un’aura di innocuità che deriva più dalle affermazioni del produttore piuttosto che da seri studi scientifici.
Alla più che legittima preoccupazione di chi vorrebbe bere dal rubinetto di casa senza rischi per la salute, si obietta che i valori sono tutti entro i limiti di legge. Vero. Ma obiettiamo a nostra volta: un valore entro il limite di legge può essere considerato sicuro, senza effetti dannosi? La risposta non è semplice, ma vediamo qualche dato. Negli Stati Uniti la quantità di PFOA da ottenere nell’acqua potabile è zero. In effetti molti studiosi ritengono che non vi sia una soglia di sicurezza per queste sostanze. Ma volendo fissarla ad ogni costo, la presa di posizione dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) è stata quella di fissare un limite all’introito settimanale dei quattro PFAS più conosciuti: 4,4 nanogrammi per chilo di peso corporeo. Basta fare qualche semplice calcolo per vedere che questa quantità è facilmente raggiunta in presenza di concentrazioni nell’acqua potabile ben al di sotto del limite di legge, che è di 100 nanogrammi per litro. Del resto, la stessa EFSA ha stimato che in Europa l’introito medio di PFAS nei bambini superi normalmente il limite dei 4,4 nanogrammi per chilo, a motivo del diffuso inquinamento dell’acqua e del cibo da parte di queste sostanze. Per inciso, il superamento di questa soglia può comportare un’alterata risposta del sistema immunitario dei bambini ai vaccini o agli agenti patogeni, come batteri e virus.
Abbiamo allora bisogno di capire qual è il rischio a cui, come valsusini, siamo sottoposti e questo potrà avvenire solo chiarendo nel dettaglio la causa (o le cause), le dinamiche e le anomalie di questo inquinamento, nonché la quantità e la durata dello stesso. È importante però, a tal proposito, distinguere il contesto territoriale da quello più generale, nazionale, per affrontare la problematica in maniera duplice. Da un lato, infatti, bisogna esigere di far luce su ciò che è effettivamente successo nel territorio valsusino per porvi rimedio nell’immediato, con le opportune bonifiche. Allo stesso tempo bisogna guardare il problema a monte, rappresentato dall’uso diffuso dei PFAS che sta portando ad una contaminazione che non interessa più le sole zone di Spinetta Marengo oppure Trissino, ma tutto il territorio nazionale, e non solo, generando un inquinamento diffuso che rischia di esser percepito e narrato come “normale”.
Qui sta la drammaticità del problema secondo noi. Che si possa considerare “normale” una contaminazione diffusa, persistente e dannosa come questa, che la coscienza dell’uomo la possa tollerare come prezzo da pagare al progresso, oppure che la stessa coscienza sia annichilita da una presunta onnipotenza di chi provoca questa contaminazione. Ora, noi crediamo che il prezzo sia troppo alto e che nessuno sia onnipotente. Non vogliamo qui assumere approcci semplicistici e parziali che trattano in maniera binaria l’innovazione e la salute: o l’una oppure l’altra, con le due cose che si escludono a vicenda.
Vogliamo invece affermare l’urgenza di definire una volta per tutte l’ordine di priorità e le finalità: non dovrebbe essere il progresso ad adattarsi allo stato di salute delle persone, senza contemplare il rischio di ledere il loro stato di salute? Oppure si pensa che debba essere l’uomo ad adattarsi all’innovazione, a prescindere dalle conseguenze che questa può avere sulla salute? È secondo noi arrivato il momento di ribaltare la pratica adottata fino ad ora sui PFAS, e che si sta riproponendo per quelle più recenti: molecole sicure fino a prova contraria, che hanno tutto il tempo di essere prodotte, commercializzate, smaltite e di arrecare danno, prima di essere limitate oppure bandite, con i tempi legislativi previsti. Le evidenze scientifiche richiedono anni per accumularsi, la salute delle persone molto di meno per essere compromessa.
Crediamo, insieme ad un numero sempre crescente di cittadini, scienziati e anche politici, che si debba arrivare alla messa al bando di queste sostanze, come unica misura in grado di consentirne l’eliminazione, che sarà lenta ma necessaria, dagli ecosistemi e dagli organismi viventi. E che finalmente, per il futuro, si adotti l’approccio inverso, l’unico compatibile con l’uomo e con l’ambiente: dannoso fino a prova contraria.
Quando non vengono resi noti i nomi dei comuni con “l’acqua cancerogena”, queste “notizie” sono puro TERRORISMO.
Secondo ARPA Piemonte il trattamento con filtri a carboni attivi (luglio 2024) risulta efficace.
“Questi risultati suggeriscono che il trattamento a carboni attivi possa essere efficace a ridurre le
concentrazioni di questi inquinanti. Tale ipotesi è supportata dalle analisi del gestore del servizio
idrico integrato. Infatti, analogamente a quanto riscontrato da ARPA Piemonte, le analisi effettuate
da SMAT S.p.A. hanno mostrato concentrazioni di PFAS nell’acqua grezza emunta da tale pozzo,
che si sono tuttavia ridotte notevolmente nell’acqua trattata con carboni attivi (campionamento del
19/02/2024 sommatoria PFAS acqua grezza = 0,15 µg/L, sommatoria PFAS acqua trattata < LOQ;
campionamento del 03/06/2024 sommatoria PFAS acqua grezza = 0,08 µg/L, sommatoria PFAS
acqua trattata = 0,01 µg/L)(dati trasmessi da SMAT S.p.A. ad ARPA Piemonte con prot. 67333 del
23/07/2024). "
Il medico mia ha detto di bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno per la mia salute.
Ma l’ ASL e la SMAT cosa dicono in merito aspettiamo una risposta perchè non devono nascondersi.
Allora tutto ok possiamo ubriacarci di acqua come consiglia il medico di famiglia?
Chi ha la responsabilità della salute dei cittadini?
Perchè se così fosse devono informare i cittadini che comprano l’acqua nei chioschetti in quale situazione si trova. E’ salutare e garantita all’uso alimentazione senza rischi, quindi altrettanto quella che esce dal rubinetto? Oltre tutto noi tutti la paghiamo pure molto cara, quindi secondo me deve essere certificata.
Risposte grazie fatemi sapere.
A mio parere essere informati è un diritto, la tutela della salute è un dovere di chi vende.
Se non si pubblicano i verbali certificati da laboratori accreditati (dal Ministero della sanità, ARPA o enti simili) dei prelievi (numero, data, quantità prelevata, testimoni sottoscritti, risultati analitici per ogni prelievo) insieme alle variazioni certificate nel tempo, si parla a vanvera.
Se non si pubblicano i verbali certificati di prelievo (numero di prelievi, date, quantità prelevate, testimoni firmatari) con analisi di laboratori accreditati dal Ministero della Sanità, nulla è sicuro.