VIOLENZA SESSUALE A DUE BAMBINE IN VAL SANGONE: CONDANNATO A 4 ANNI LO ZIO FRATELLASTRO

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VAL SANGONE – Mercoledì 12 marzo il Tribunale di Torino ha condannato a 4 anni di carcere, nel processo di primo grado, un ragazzo di 23 anni. Avrebbe abusato, da zio e fratellastro delle vittime, di due bambine che ai tempi avevano 6 e 10 anni. La pm Barbara Badellino aveva chiesto una pena più elevata. Le violenze sarebbero avvenute nel cascinale dove vivevano tutti in famiglia, nei boschi della Val Sangone. Si tratta di una famiglia allargata. I fatti sarebbero avvenuti nell’estate 2021, quando il 23enne si sarebbe introdotto nelle camere da letto delle due bambine, abusando di loro. Il caso è emerso grazie ad una zia, consentendo di aprire l’inchiesta giudiziaria e arrivare alla condanna: le due vittime si erano confidate con la zia (che non viveva con loro nella cascina), durante degli incontri che avvenivano nel bosco vicino all’abitazione. La zia ha registrato le voci delle due nipoti e ha denunciato il tutto alla Procura di Torino. Con l’avvio delle indagini, le due bambine sono state trasferite in una comunità protetta e non vivono più nella cascina. Come ha testimoniato durante il processo un’insegnante, una delle due vittime aveva rivelato anche a scuola le violenze subite, durante una lezione sull’affettività. Oltre ai 4 anni di carcere, con cui sono state riconosciute le attenuanti generiche, il 23enne è stato interdetto in modo perpetuo dalle scuole e dai luoghi frequentati dai minori. Come parte civile, è stato riconosciuto alle due bambine un risarcimento di 8000 euro e 5000 euro da parte dello zio-fratellastro. L’avvocato difensore ha annunciato che presenterà ricorso contro la sentenza alla Corte d’appello, dopo aver letto le motivazioni del verdetto.

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7 COMMENTI

  1. Possibile che in quella cascina, nessun altro componente della famiglia (allargata) non si sia mai accorto nulla? Non ci posso credere. Vicende da terzo mondo.

  2. Certo che 4 anni sono veramente troppo pochi, per non parlare del risarcimento, non basta neppure per pagare gli psicologi per cercare di elaborare un incubo orrendo e uscirne fuori. Comunque resto sempre dell’opinione che nel dare le notizie di questo tipo riguardanti minori, meno dettagli si danno, meglio è, perchè anche senza nome e cognome, a furia di descrivere la famiglia, il luogo dove vivono eccetera, purtroppo diventano identificabili e non è giusto, hanno già pagato un prezzo altissimo, questo tizio ha rubato loro l’infanzia.

    • Le pene andranno anche pubblicizzate, che poi ormai è dimostrato che neppure la pena di morte fa da deterrente a menti problematiche per quanto riguarda il delinquere… ma non è giusto pubblicizzare le vittime e renderle in qualche modo identificate…tanto più che sono minori… se una vittima vuole rendere pubblica una sua situazione deve essere libera di farlo, a patto che sia maggiorenne, se invece preferisce denunciare e rimanere nell’anonimato, deve essere un suo sacrosanto diritto… non è possibile vivere come ad Avetrana o in altri posti con le case circondate da giornalisti invadenti, ad un certo punto anche le famiglie delle vittime, purtroppo già molto provate da fatti terribili e a volte irreparabili, hanno diritto a tentare di tornare ad un minimo di normalità.

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