CAMOSCI, RISCHIO DI EPIDEMIA IN ALTA VAL SUSA: TROVATO UN ESEMPLARE CON LA CHERATOCONGIUNTIVITE

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CESANA – Sabato 19 marzo è stato ritrovato vicino al Rio Manet, ai piedi del Monte Chaberton, un esemplare di camoscio infettato da Cheratocongiuntivite: una malattia molto grave che porta alla cecità. L’intervento è stato effettuato dagli agenti del servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana. Si tratta di una femmina adulta di sei anni, in forte stato di denutrizione, dovuta proprio alla malattia che gli impediva di trovare il cibo. La femmina di camoscio è stata portata alla facoltà di Veterinaria per essere curata dagli esperti di Grugliasco. Nei mesi scorsi altri casi erano stati registrati nella vicina Francia, dove i forestali hanno trovato dei camosci malati agli occhi pure a Monginevro e nel parco del Queyras. La Cheratocongiuntivite già una quindicina di anni fa aveva colpito i camosci dell’alta Val Susa, diffondendosi come un’epidemia. Una malattia che nella gran parte dei casi fa morire gli animali colpiti, rendendoli totalmente ciechi.

LA MALATTIA (dal sito www.catouno.it)

La cheratocongiuntivite infettiva è una malattia dell’occhio provocata da Mycoplasma conjunctivae, un micobatterio che colpisce ovini e caprini domestici, camoscio, stambecco e muflone. Non è mai stata segnalata nei cervidi e nell’uomo è stato descritto un solo caso. L’infezione è altamente contagiosa e la trasmissione avviene per contatto diretto o tramite agenti vettori (mosche).

La patologia presenta sintomi differenziati a seconda dello stadio di evoluzione.

Inizialmente (primo stadio) si manifesta come una congiuntivite, spesso bilaterale, con scolo oculare più o meno abbondante ed evidente, con la cornea ancora trasparente; successivamente (secondo stadio) la congiuntivite si trasforma in cheratocongiuntivite, con opacizzazione progressiva della cornea; infine (terzo stadio), si perviene ad un’ulcerazione e perforazione della cornea.

Le capacità visive sono via via compromesse a seconda del grado di opacizzazione della cornea.

L’infezione al primo o al secondo stadio può regredire e l’animale può guarire e riacquistare completamente la vista; al terzo stadio, con la perforazione della cornea e la fuoriuscita del contenuto del bulbo oculare, si ha chiaramente la perdita completa della funzionalità dell’occhio.

I sintomi non sono sempre evidenti osservando a distanza un animale malato: nelle fasi iniziali, solamente l’osservazione dello scolo oculare può tradire la presenza dell’infezione mentre l’animale non presenta comportamenti anomali; con la progressiva opacizzazione della cornea e l’aumentare delle difficoltà visive, si verificano atteggiamenti quali l’isolamento dal branco e l’andatura insicura specie sui terreni accidentati. Negli stadi più avanzati si può assistere a turbe nervose quali il procedere ripetuto in circolo.

Le difficoltà visive più o meno evidenti possono causare mortalità dovuta a stenti, a predazione, oppure a ferite per traumi dovuti a cadute.

Nelle popolazioni di camosci e di stambecchi compite da cheratocongiuntivite le mortalità osservate sono state nell’ordine del 5-25% degli effettivi; i soggetti più colpiti sono le femmine, gli yearling ed i piccoli a causa del loro comportamento gregario, il quale favorisce la trasmissione dell’infezione.

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