CESANA, L’EX SINDACO SERRA E LA RINASCITA DEL BOB A SARAJEVO

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di ROBERTO SERRA (ex sindaco di Cesana)

A molti sarà passato inosservato il servizio apparso sul quotidiano di Torino del 2 novembre con il titolo “Sarajevo, la pista che visse due volte. A 130 all’ora per dimenticare la guerra. Dai Giochi al conflitto. Ora il toboga per bob e slittino riapre e le squadre bussano”.
L’articolo riesce a descrivere con molta sensibilità la nuova atmosfera che si respira a Sarajevo, partendo dai drammatici anni ’90 dove di tutto era successo: caduta del muro di Berlino, guerra fredda tra le super potenze, frantumazione della ex Jugoslavia passata attraverso una serie di terribili guerre interne fratricide, seguite da una situazione economica desolatamente miserrima che ancor oggi stenta a riprendersi. Eppure improvvisamente qualcosa è scattato, l’entusiasmo è ritornato, l’orgoglio e il ricordo di essere stati protagonisti ha fatto il resto, quale occasione migliore se non riprendere lo spirito Olimpico dando una continuità virtuale tra il passato con il futuro, azzerando quanto di negativo del durante c’è stato e proiettarsi verso il futuro? Questa è la Sarajevo di oggi.

Per uno come il sottoscritto, che ha vissuto il dramma in prima persona, è stata una inaspettata fine, anzi un lieto fine di una drammatica storia di ordinaria follia umana. Nel marzo 1998, terminata la mia avventura professionale durata ben 18 anni a Sansicario, per l’innato spirito un po’ zingaresco che sempre mi ha contraddistinto e condizionato tantissime mie decisioni, entrai a far parte con il ruolo di Direttore Operativo di una grande società milanese d’investimenti e gestione turistica. Garessio 2000, Alpe Arera (Bg), Porto San Giorgio(An), Pugno Chiuso (Vieste) divennero la nuova sfida su cui confrontarmi. Devo confessare che quando a febbraio del ’99 fui chiamato dal Presidente dott. Giuseppe Rinaldi per raggiungerlo a Belgrado al Ministero, per affiancarlo nel concludere una operazione top-secret, non mi ero stupito più di tanto, in quanto da tempo si ragionava per completare l’operazione Porto San Giorgio, prevedendo la realizzazione un porto analogo sulla costa croata. Il risultato a sorpresa fu che due mesi dopo mi trasferii a Sarajevo quale responsabile dell’Olimpic Center Sarajevo con il compito di riorganizzare una cosuccia da niente: 2400 dipendenti, 28 impianti di risalita, impianti di neve artificiale (a quei tempi impianti avveniristici), pista di bob (monte Trebevic), pista di fondo Malo Poie), oltre 2500 posti letto alberghieri dislocate in varie località: Sarajevo,Bjelasnica, Jahorina, Dubrovnik.

Furono 2 anni intensi e entusiasmanti, ogni giorno la percezione di essere proiettato e fagocitato da una realtà che ai giorni nostri la chiameremmo globalizzante, ma che per il sottoscritto era semplicemente adrenalina pura. Purtroppo nell’estate 1991 la guerra dilagò anche in Bosnia, il rientro in Italia non fu dei più semplici. Fortunatamente i miei 2 figli Roberta e Ale – che erano con me per un periodo di vacanze – riuscii a farli imbarcare sull’ultimo charter che partiva da Sarajevo, mentre dopo varie vicissitudini riuscii ad imbarcarmi su un boat people con la mia interprete dal porto di Bar (Montenegro), sperimentando e percependo sulla mia pelle la drammaticità di una umanità costretta a affrontare l’ignoto.

Dopo una parentesi di circa tre anni, dove lavorai per la Leitner (azienda leader nel settore degli impianti di risalita, che mi permise di vagabondare per stazioni invernali italiane e straniere di tutto l’arco alpino) non contento, e per non farmi mancare nulla sempre su incarico Leitner, andai un anno e mezzo in Canada in British Columbia sulle montagne rocciose di Mamut Mountain, a nord di Whistler, a studiare una nuova stazione sciistica assieme 2 architetti svizzeri. Rientrato in Italia, creai uno studio di consulenza turistica con l’amico Richard Sanchis, l’indimenticato animatore dei anni ruggenti di Sansicario.

Intanto in Bosnia la situazione – per quanto ancora critica – tendeva a una lenta stabilizzazione, il Console Bosniaco Kreseviliakovic, mi contattò per propormi di collaborare e studiare una manifestazione finalizzata a normalizzare e stemperare la tensione, che ancora aleggiava a Sarajevo incentrata sui sentimenti e convivenze pacifiche passate.
Facile a dirsi più che a farsi, soldi manco a parlarne, ovunque ci si girava si trovava solo distruzione, il tutto reso ancora più complicato da una presenza militare internazionale molto vigile e presente. L’unica strada percorribile era d’inventarsi qualcosa di semplice, ma d’effetto, legandosi alle Olimpiadi (svolte a Sarajevo nel 1984).

L’idea mi venne, ricordandomi di aver assistito l’anno prima al parallelo di Natale realizzato sulla “montagnola” di Milano, con la partecipazione di tutta la squadra azzurra. L’idea fu subito accettata, immediatamente tirai fuori tutte i miei agganci e conoscenze: Alberto Tomba mi disse subito di sì, come pure Jure Košir e Marc Girardelli.

L’iniziativa consisteva nel realizzare sulle piste olimpiche di Bjelasnica il parallelo di Natale, con la partecipazione dei migliori atleti a livello mondiale più atleti Bosniaci, Croati e Serbi ovviamente con l’obbiettivo di trasmettere un significativo messaggio di riconciliazione. L’adesione del mondo sportivo fu totale ed entusiastica, ma come succede sovente in questi casi, la ragion di stato ebbe il sopravvento e la manifestazione non fu autorizzata. Semplicemente, i comandi militari delle truppe di occupazione territoriali della zona, Italiani e Francesi, non si misero d’accordo per motivi di prestigio legati al patrocinio della manifestazione. La delusione fu ancora più amara quando, alcune settimane dopo, arrivò una nave della Croce Rossa Italiana con il gota dell’organizzazione Presidente compreso (moglie dell’onorevole Fanfani) per portare i doni natalizi ai bimbi bosniaci. Dopo i le rituali visite a orfanotrofi e ospedali, ovviamente supportate da uno stuolo di generali, politici, addetti stampa e fotografi, la visita si concluse in due mega feste.

Ovviamente i ragazzini, a parte quei pochi scelti per fare da corollario a questi personaggi da operetta, di giocattoli ne videro pochi, il giorno dopo le bancarelle del mercato di Sarajevo erano invase da giochi e giochini per bimbi la cui provenienza era dubbia, questo improvviso ben di Dio lasciava perplessi ….mah forse la provvidenza, o no!
Con il progressivo lento ritorno verso una pseudo normalità, ci si cercava di guardarsi attorno, alla ricerca di equilibrio e individuare cosa mai il futuro avrebbe potuto riservare. Le scarse e obsolete risorse industriali della nazione, totalmente distrutte o inutilizzabili. Sarajevo, Mostar, Dubrovnik (anche se Croazia) città fantasma, tutto ciò che richiamava le Olimpiadi scientificamente demolito, la pista da bob che rappresentava il simbolo positivo di una manifestazione che aveva per l’ultima volta unito, ora era diventata il luna park dei cecchini serbi, gli alberghi giustamente requisiti per ospitare feriti, anziani e sfollati.

Le piste di sci e le aree adiacenti disseminate di mine anti uomo. In compenso, Sarajevo era diventata terra di conquista di affaristi di mezzo mondo: armi, droga, auto, donne e non solo, erano i settori che girava l’economia spicciola. Per dare una idea, un fucile kalashnikov si acquistava per 20 mila £ e una cassa di proiettili 5 mila £. Intanto sui grandi affari, gli americani, inglesi, tedeschi e francesi la facevano da padrone.
Devo ammetter che in questo mondo non mi ci trovavo troppo bene e forse il parlare di parallelo di Natale poteva suonare un po’ anacronistico, comunque senza demordere, con l’appoggio del Console, riuscimmo a convincere il governo a autorizzare la partecipazione di atleti bosniaci ai Campionati del mondo del 1997 di Sestriere.

Come capo delegazione e Direttore Tecnico, mi occupai di tutto: il comando militare italiano garantì con un aereo C130 (aereo da trasporto ) fino a Pisa. La soc Ferrovie To Nord garantirono il trasporto in treno fino a Oulx. Grazie alla collaborazione con Valter Marin, attuale sindaco di Sestriere, allora responsabile dell’ufficio tecnico e responsabile operativo della manifestazione, collaborò facendosi carico di tutte le nostre esigenze. Contestualmente, il signor Ferrini, titolare dell’azienda CIO di Santambrogio, ci mise a disposizione il suo motorhome su cui a caratteri cubitali aveva fatto scrivere “Sarajevo e Sestriere uniti nello sport”.

Il clou della partecipazione fu la conclusione, dove grazie alla disponibilità dell’allora Presidente Bresso della Provincia di Torino fu organizzata una fantastica cena di gala per ben 200 persone, durante la quale furono presentati oltre agli atleti, spezzoni di filmati di ciò che Sarajevo e la Bosnia tutta aveva subito. La conclusione della serata fu veramente toccante, anche per i contenuti espressi nei vari interventi dai ragazzi/atleti e dal Primo Ministro Bosniaco Kresimir.

Piccolo aneddoto: la cena – come accennato – era stata offerta dalla Provincia, ma, sia all’entrata, dove avevamo esposto un cartello, che, durante la serata in occasione degli interventi, si era fatti inviti per offerte che sarebbero state destinate ai bimbi bosniaci bisognosi, ovviamente tramite la Croce rossa locale e non ovviamente con la Croce rossa internazionale; incasso 172 000 £ (86 euro) per 200 persone partecipanti alle cena… no comment!!!!

A questo punto, se mai qualcuno ha avuto la voglia e la pazienza di seguirmi, si domanderà cosa ha a che fare tutto questo con il bob di Cesana. Per qualcuno forse poco o nulla, mentre per il sottoscritto è motivo di profonda riflessione.
Credo che sia superfluo riprendere le considerazioni sulle ricadute positive generate dalle Olimpiadi sul sistema Piemonte e su Torino e la Valsusa in particolare. Per tutti coloro che storcono il naso e ironicamente criticano, polemizzano, si può -anzi – si deve rispondere: sì, è vero, tutto è perfettibile con il senno del poi, le scelte e le decisioni avrebbero potuto essere più centrate, forse… È comunque palese che Torino difficilmente con le risorse ordinarie in tempi così brevi, senza stravolgere la sua connotazione di città industriale, sarebbe stata in grado di trasformarsi e valorizzarsi, entrando di diritto nel novero delle città d’arte italiane. Analogamente la montagna in generale, e la Val di Susa in particolare, ha rigenerato un sistema turistico in profonda sofferenza. Non mi si dica il contrario, a mo di esempio prendiamo Cesana, oltre 640 milioni di euro (128 miliardi di vecchie e buone lire), quando mai si sarebbe immaginato di avere risorse di questa entità: strade, tunnel, impianti di risalita, neve artificiale, ristrutturazione urbana, pista di bob, pista di biatlon (fondo) e chi più ne ha più ne metta. Certamente, la crisi attuale che attanaglia il mondo intero ha di molto attenuato i benefici e generato difficoltà inaspettate. Comunque, soffermiamoci un attimo e riguardiamo lo scenario quale sarebbe stato senza olimpiadi: viabilità in difficoltà (esempio: statale Oulx-Cesana difficilmente sarebbe stata completata causa fallimento impresa), piazza Vittorio Amedeo tristemente urbanizzata dove un albergo (eufemismo) Morrison (ex Piemonte) a fare da cornice non ad una non piazza ma ad un incrocio con una strettoia d’accesso, che con molta efficacia modulava il traffico, rifacimento del ponte e costruzione di uno nuovo sulla Ripa ha risolto l’atavico problema di circolazione urbana, la fognatura di Claviere collegata al depuratore di Cesana, evitando frizzanti profumi e soprattutto il dover giustificare che l’odore anzi, il profumo era generato da sorgenti termali sulfuree, impianti di risalita obsoleti adatti ad una stazione low cost di terza categoria, piste di sci rinnovate sostanzialmente adeguate ai nuovi criteri sciistici e di sicurezza, impianto di neve artificiale che permette di garantire la sciabilità in situazioni critiche sul 70% della stazione, bacini di accumulo di acqua per produrre neve, Sansicario oltre ad aver la consacrazione di essere ricordata negli annali olimpici, infatti la denominazione della località è “Cesana-Sansicario) è stata realizzata la tanto sospirata strada di collegamento con la SS25, pista di biatlon (ora abbandonata definitivamente erano semplicemente stati spesi una ventina di milioni ovviamente di €) per non parlare della pista di bob impianto controverso e criticato.

Personalmente, mi lasciano totalmente indifferente le ripetitive dichiarazioni e polemiche che ciclicamente coinvolgono questa realizzazione. Ho avuto più volte l’occasione di spiegarlo, eppure per pura demagogia, si continua così per far passare sotto traccia l’incapacità conclamata di amministrazioni pubbliche, incapaci di esprimersi con carattere e determinazione. E qui arriva il paradosso, l’impianto costato 107 milioni di euro (214 miliardi di £), dopo averlo lasciato in balia di ladri e vandali dal 2011, si decide ora che forse sarebbe stato opportuno trovare soluzioni che potessero permettere di lasciare sul territorio un segno tangibile e perenne di questo evento. La politica, l’ambientalismo salottiero e di facciata, la fanno da padroni, intanto i Cesanesi capitanati da una impavida Amministrazione, rimangono in balia degli eventi, con la prospettiva che il futuro riserverà una conclusione simile a quella di Sarajevo, solo che qui non c’è la guerra, non si deve distruggere la storia e i riferimenti di un popolo, qui semplicemente non si farà nulla, i 15 milioni di euro per la demolizione non si troveranno mai e fra qualche anno l’incuria del tempo inciderà talmente, tanto che dovremo chiamare anche qui i ragazzi della street art per cercare di dare un significato all’abbandono.
Il punto di convergenza tra Cesana e Sarajevo sta qui, solo che per Cesana sarà una resa, mentre per Sarajevo una rinascita. Crogioliamoci nel nostro bizzantinismo inconcludente, ma abbiamo l’onestà intellettuale di riconoscerlo e di augurare ai vari Slobodan, Tercic, Kreseviliakovic, e a alla Bosnia tutta, FORZA, forse non avrete un impianto all’avanguardia, ma avrete tanto da raccontare e molto da offrire, prima di tutto e soprattutto la speranza nel futuro.

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