FESTA PATRONALE A VILLAR DORA

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VILLAR DORA – Domenica 19 gennaio 2020, presso la parrocchia di Villar Dora in via al Castello 2, si terranno i festeggiamenti per i santi patroni Vincenzo e Anastasio.

Dopo la santa messa delle 11 con la presenza del nuovo arcivescovo di Susa, monsignor Cesare Nosiglia, si svolgeranno l’aperitivo e il pranzo conviviale presso l’oratorio Don Caramello, per i quali sono tutti invitati a contribuire, condividendo cibo e bevande. Nel pomeriggio, i festeggiamenti proseguiranno al circolo parrocchiale “Calciotto Villar Dora” in via Almese 28.

L’evento è realizzato con il patrocinio del Comune di Villar Dora in collaborazione con le associazioni del territorio.

La chiesa parrocchiale dei santi Vincenzo e Anastasio, a Villar Dora, risale al XII secolo. Tuttavia, come si può dedurre da alcune date leggibili in varie parti dell’edificio, la struttura negli anni ha subito numerosi rifacimenti. Lo stesso campanile è stato più volte ritoccato, tanto che, a differenza della cella campanaria il cui ultimo intervento risale al 1872, la parte inferiore presenta ancora i tratti tipici dello stile gotico.

Ritratto perlopiù con la veste dalmatica, emblema dei diaconi, o in vari momenti del martirio, Vincenzo è il più illustre martire spagnolo nonché protettore degli orfani, delle vedove e dei poveri. Durante la persecuzione di Diocleziano, il prefetto Daciano lo fece arrestare insieme al suo vescovo Valerio, sottoponendolo a crudeli torture per ottenerne l’abiura. Nonostante le violenze subite, Vincenzo continuò a proclamare la sua fede e il suo desiderio di martirio. Dopo la sua morte (304 d.C.), il corpo fu gettato nel fiume, appesantito da una grossa pietra di macina. Malgrado ciò, il cadavere continuò miracolosamente a galleggiare, permettendo ai fedeli di recuperarlo e di dargli degna sepoltura. Nell’VIII secolo le sue spoglie furono portate a Roma e collocate accanto a quelle di sant’Anastasio.

Nel 614 d.C. il persiano Cosroe II invase Mesopotamia, Siria e Palestina; occupata Gerusalemme saccheggiò le chiese e portò in Persia le reliquie della Passione, fra cui la Vera Croce. Nell’esercito persiano vi era un soldato, di nome Magundat, istruito nell’antica religione zoroastriana; egli era colpito dal fatto che i cristiani venerassero la Croce, uno strumento di supplizio, ed ammirava l’eroismo dei martiri. Recatosi a Gerusalemme ebbe il battesimo e mutò il nome in Anastasio, cioè “risorto”; per lungo tempo condusse una vita monastica. Una volta trasferito a Cesarea di Palestina, fu catturato alla presenza dell’imperatore insieme ad altri cristiani. Sottoposto a terribili tormenti, rifiutò di abiurare e predisse la fine del regno di Cosroe; lo portò ad essere strangolato e decapitato nel 628 d.C.

Esattamente dieci giorni dopo il supplizio di Anastasio, Cosroe, sconfitto, fu ucciso da una rivolta dei suoi. Nel 629 d.C. la Vera Croce fu restituita a Gerusalemme, e nel 640 d.C. le reliquie di sant’Anastasio furono portate a Roma e collocate nel monastero delle Aquae Salviae. La Chiesa, detta poi dei Santi Vincenzo e Anastasio, fa parte del complesso abbaziale delle Tre Fontane, nel luogo che ricorda il martirio di San Paolo.

L’unione dei due santi in un’unica memoria, il giorno 22 gennaio, fu sancita nel nuovo Messale Romano del 1570.

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