VALSUSA, È MORTA LA MAESTRA CLELIA BACCON: GRANDE STUDIOSA DELLA LINGUA OCCITANA

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SALBERTRAND – Un grave lutto per la Valsusa e Salbertrand. A 95 anni è morta la maestra Clelia Baccon Bouvet, grande insegnante e donna di cultura delle nostre montagne. Si deve a lei, e a gran parte delle suo opere, la riscoperta e la valorizzazione della lingua occitana in alta Valsusa: è stata tra le principali studiose della lingua occitana in tutto l’arco alpino, ha speso anni della sua vita per il recupero e la valorizzazione del grande patrimonio linguistico e culturale delle valli occitane, delle sue tradizioni e della sua storia.
Medaglia d’oro all’insegnamento, aveva lavorato come maestra, nelle pluriclassi di montagna, per 42 anni in vari paesi della Valle (Sestriere, Cesana, Exilles, Salbertrand, Condove): il suo lavoro è stato sempre apprezzato da molti suoi studenti, che ancora oggi la ricordano con affetto. Oltre al lavoro, sono note le sue numerose ricerche sulla Lingua Occitana, che l’hanno portata a scrivere numerosi volumi a riguardo come “A l’umbra du cluchī, Valados Usitanos” (ristampato più volte per esaurimento delle copie disponibili), “L’Occitania e la sua lingua”, “Prontuario morfologico della parlata occitano alpina di Salbertrand”. La maestra Baccon ha pubblicato decine di libri, opere di ricerca, saggi, poesie, canzoni e anche un dizionario dedicato sempre alla lingua occitana. Poetessa attiva, ha scritto per tutta la vita una serie di opere, raccolte nel libro più famoso “El Tintinponi” ma anche in altri titoli, che potete trovare tramite una ricerca su Google. Conosciuta da tutti gli studiosi nell’ambiente culturale della ricerca storica, ha collaborato alla stesura di numerose tesi di laurea, principalmente per le Università di storia, lingue antiche e letteratura. Il rosario verrà celebrato venerdì 19 gennaio, alle 18.30, mentre il funerale sabato 20 gennaio alle 10.30 nella chiesa di Salbertrand.
Clelia Baccon viveva a Salbertrand, in una casa davanti al campanile, e per tutta la vita ha insegnato, studiato e pubblicato libri e ricerhche: prima ha trasmesso la sua grande cultura ai bambini nelle classi di scuola, poi sulle pagine dei libri, a tutti noi. Libri scritti con la passione di chi aveva molto raccontare, e amava visceralmente la sua terra.
Clelia Baccon era nata nel 1929 a Salbertrand, dove ha sempre vissuto con la sua famiglia (erano tre sorelle e i genitori), allevatori e coltivatori. Studia nelle scuole elementari a Oulx: allora l’unico mezzo per raggiungere le scuole era la bicicletta, che anche d’inverno, pedalando sotto la neve. A due anni di Avviamento agricolo, segue lo studio privato per corrispondenza per l’Avviamento commerciale che le permette di superare l’esame da privatista presso una scuola statale di Susa. Ma Clelia si sente fortemente portata per l’insegnamento e decide, superata ormai l’età per l’iscrizione al primo anno delle scuole magistrali, di saltare con l’ennesimo esame i primi quattro, per frequentare gli ultimi tre restanti e conseguire così il diploma di maestra a Torino, nel 1948. L’insegnamento diviene dunque la sua professione, dapprima in sperse frazioni di alta montagna, poi in zone più accessibili, per approdare nuovamente, come in un circolo virtuoso, a Salbertrand, terra che la chiama, terra dalla quale non può e non vuole separarsi.
L’AMORE PER LA SCRITTURA E IL PRIMO LIBRO
Ed è sempre l’amore per la sua terra che nel 1987 la spinge a scrivere la sua prima opera, concentrata sull’analisi della lingua ascoltata e parlata fin da bambina, il Patois: “A l’umbra du cluchi” – All’ombra del campanile, è un vero e proprio vocabolario contenente circa 8000 lemmi e preceduto da capitolo che esamina gli usi e i costumi del paese e da una piccola grammatica occitana. Clelia Baccon nasce dunque scrittrice impregnata di cultura montana, completamente immersa nell’atmosfera che le appartiene da sempre e che sembra suggerirle i giusti spunti per una scrittura che non si allontana mai dal suo mondo, se ne nutre. Così anche per “El Tintinponi” – La trottola, libro di poesie che raccontano la bellezza dei suoi posti, degli affetti, di giorni lontani ma ancora vivi nella memoria legata a luoghi che le foto non restituiscono mai abbastanza. Un crescendo di intenzioni dunque, che spinge Clelia, una volta libera dall’impegno dell’insegnamento, ad andare oltre e tentare di rimettere ordine tra gli appunti presi ormai da anni, per dar vita ad un lavoro inedito, frutto di nuove e minuziose ricerche sempre attorno al suo mondo, al paese e alla comunità cui appartiene. “Salbertrand. Storia di una comunità e della sua Valle” (1999) rappresenta il risultato di studi approfonditi, spogli di registri parrocchiali e comunali, raccolta di documenti dimenticati, vecchie annotazioni, tutto per ricostruire una storia precisa, quella di Salbertrand, per provare a leggere attraverso gli avvenimenti con gli occhi di una donna che non è una storica ma la storia la interpreta, la legge e la rilegge per trarne nuovi spunti e coglierne sempre nuovi aspetti. La struttura del volume ripartita in quattro grandi parti risponde alla volontà dell’autrice di analizzare profondamente il passato locale, guardando prima al territorio, poi alla storia partendo dall’anno Mille, all’ambiente naturale e all’economia del paese, ed infine alla vita civica e religiosa, presentando un affresco completo in grado di delucidare anche su momenti storici più curiosi e poco documentati, come quello della peste, che nel 1629 sembra approdare in Valle già un mese dopo Milano. Dopo il volume di taglio storico Clelia sente però l’esigenza di raccontare uno spaccato di vita che riempia quella storia, che possa parlare ai lettori di sentimenti e di un’esistenza che si inserisca in quella terra e rispecchi quella di una ragazza, proprio come Clelia durante gli anni della seconda guerra mondiale. Così nasce nel 2002 “I cieli di Lisa”, in cui al centro della narrazione c’è una ragazza che cresce ed affronta l’adolescenza, fino ai diciannove anni, amando, soffrendo e divertendosi, come la gente della Valle faceva e continua a fare tutt’ora. Clelia Baccon non abbandona mai, insomma, la sua terra, né fisicamente né quando scrive, e anzi attraverso la passione crescente per la scrittura continua a comunicare le sensazioni che coltiva da sempre nei confronti del paese che l’ha vista nascere ed essere felice con la sua famiglia e col marito, con il quale ha condiviso trent’anni della sua esistenza e ancora farebbe se non fosse tristemente mancato. Non smetteva di stupire questa maestra che era da tempo in pensione, e che per mantenere vivo il ricordo della lingua d’Oc, la sua lingua musicale, che teme possa essere scordata dalle future generazioni. Aveva anche affidato al canto il compito di perpetuarne la conoscenza, attraverso la scrittura di testi e musiche che fanno già parte del repertorio dei coro alpini di Oulx e di nuovo offrono lo spunto per vedere in Clelia una donna la cui sensibilità e tenacia ne fanno una vera comunicatrice, una madre mancata che ha idealmente abbracciato come suoi figli tutti i suoi allievi, tutta la Valle, tutti coloro che desiderano, ancora oggi, imparare a conoscere la cultura occitana e le nostre radici.

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