AVIGLIANA ED IL GRANDE CORAGGIO DI MARIA E LEA: DONNE CORAGGIOSE CONTRO LA MAFIA

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di ELEONORA DELNEVO

Donne che si battono e si sono battute, con coraggio, contro la mafia. Alcune di loro fino a sacrificare la loro vita, vittime della criminalità organizzata. Si è tenuto venerdì pomeriggio, presso l’Auditorium della Scuola Media di Avigliana, l’incontro organizzato dai presidi di Libera di Valsangone e Bassa Val Susa con le autrici dei libri “Loro mi cercano ancora” e “La scelta di Lea”.  

Sono rispettivamente Manuela Mareso e Marika Demaria a raccontare le storie di Maria Stefanelli e Lea Garofalo, due eroine, due vite diverse ma unite da una grande forza d’animo nella loro storia di ribellione e lotta alla ‘ndrangheta.  Maria Stefanelli, testimone di giustizia nei processi che cercano di dimostrare la presenza della mafia al Nord, testimonia di anni di abusi, spaccio e violenza nell’ambito familiare ‘ndranghetista, del matrimonio combinato con Francesco “Ciccio” Marando e del suo “coraggio di dire no alla ‘ndrangheta e del prezzo che ha dovuto pagare”, rivolgendosi in prima persona in una lettera a sua figlia. Ora vive sotto protezione, ma tutto questo lo fa per sua figlia,.  Perché, come spiega la giornalista Manuela Mareso, direttrice di Narcomafie, rispondendo a una domanda del pubblico, “È proprio la figlia Denise la forza motrice del suo coraggio di denunciare  la realtà, firmando una condanna a una vita di fuga e prigionia per garantire a Denise un futuro migliore”. 

Lo stesso coraggio che ha spinto anche Lea Garofalo a rivoltarsi contro la sua famiglia, rompendo con un passato di criminalità, fino ad un tragico punto di svolta che l’ha vista vittima nel 2009 a Milano del sequestro e in seguito dell’omicidio messo in atto dai suoi stessi familiari. Questi ultimi hanno  successivamente ridotto il corpo inerme di Lea in cenere, come se ogni traccia della sua vita e della sua testimonianza dovesse essere cancellata. 

L’incontro, seguito da un pubblico interessato formato in gran parte dal presidio di Valsangone di Libera, da un lato ha lasciato in bocca l’amaro delle vicende raccontate da Mareso e Demaria, mentre dall’altro ha alimentato la consapevolezza interiore della necessità di contrapporsi all’azione criminale delle cosche, anche solo informandosi e ricercando la verità. E la verità è che è una rete fitta ed estesa quella che ha permesso alle famiglie di Maria e Lea di agire indisturbati non solo in Calabria e nel restante Sud Italia ma anche al Nord. 

A tal proposito è molto efficace l’esempio esposto da Manuela Mareso, che paragona il nostro territorio ad una casa e la mafia alla sporcizia, spiegando che può dar fastidio che un ospite ci faccia notare lo sporco sul nostro pavimento, ma che in quanto padroni di casa ci si dovrebbe preoccupare di pulirlo invece di negare l’evidenza. Per questo motivo le due autrici si propongono di portare avanti un progetto di diffusione,  di conoscenza e di informazione, attraverso testimonianze come quelle di Garofalo e Stefanelli  e tramite il lavoro di Libera, per creare una rete opposta a quella della criminalità organizzata, perché di mafia al Nord si può e si deve parlare.

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