LA LETTERA / “SAITTA, CHIUDERE SUSA È UN ATTO SCELLERATO”

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di FRANCO TRIVERO

Desidero replicare alla lettera dell’Assessore Saitta riferita alle motivazioni che giustificano la chiusura del punto nascite dell’Ospedale di Susa.

Nel rispetto del ruolo istituzionale che Lei riveste e nel suo desiderio di appellarsi alla comprensione degli utenti, “spero che i cittadini capiscano i nostri sforzi”, non posso che accogliere con soddisfazione l’intenzione da Lei dichiarata, di potenziare alcuni reparti dell’Ospedale di Susa con l’ausilio di macchinari e personale medico specializzato in medicina d’urgenza, nei reparti di ortopedia e traumatologia.
Lei testualmente afferma “non è possibile mantenere aperto un punto nascite che effettua circa 120 parti l’anno: le donne della Valsusa da anni scelgono di partorire altrove, se il reparto fosse così eccellente, il numero di parti non sarebbe tanto basso”, ancora “il Patto per la Salute prevede che i punti nascite non possano stare al di fuori dei Dea di I e II livello, proprio per garantire la sicurezza delle partorienti e dei nascituri: i parti devono avvenire in strutture dove sono presenti tutti i reparti indispensabili a garantire interventi di emergenza (rianimazione, cardiologia, ecc.), quello di Susa è un punto nascite ad elevato rischio ostetrico che va contro i criteri di qualità, sicurezza ed appropriatezza previsti dalle norme nazionali e su questo tema non ci può essere alcun tipo di mediazione politica”.
La decisione delle future mamme di partorire altrove trae origine dalla testimonianza delle sue affermazioni e quindi dalla consapevolezza dei rischi a cui andavano incontro, da qui la decisione di preferire strutture più idonee per far nascere i propri figli.
L’elemento di contraddittorio su cui si fonda la mia replica, consiste nella ragionevole consapevolezza che per anni la politica ha fatto di tutto per creare le condizioni di una criticità strutturale e organizzativa dal punto di vista sanitario, del reparto nascite, per poi trovare la legittimazione per chiuderlo. Chi le scrive ha rivestito incarichi direttivi, di gestione e coordinamento di persone e strutture, pertanto è consapevole che quando si vuole ridimensionare e/o chiudere una struttura di qualunque natura, è indispensabile creare quelle criticità funzionali e organizzative che la rendano inutile e carente di servizi, come è accaduto al reparto nascite.
Le iniziative poste in atto dal Patto della Salute, rappresentano più un’operazione di marketing politico piuttosto che aderire a principi di tutela della salute pubblica e sviluppo sociale.
Chiudere un punto nascite in un territorio articolato ed esteso come il nostro rappresenta  un atto scellerato e irresponsabile di cui tutti gli amministratori e i responsabili di questa iniziativa, se ne devono assumere la responsabilità non solo politica ma soprattutto civile e penale qualora in un prossimo futuro vi siano decessi o patologie riconducibili al tempo che é la variabile tra la vita e la morte di un neonato e la sua mamma.
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